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Live & Loud (128)

Posted: Gennaio 27th, 2016 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su Live & Loud (128)

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Sono giorni scarni di appuntamenti quelli che si annunciano, quindi questa rubrica passa alla versione supersized e per completarsi gioca una formazione di 11 giorni consecutivi.

The Gumbos. Giovedì 28 al Piano Terra.
Il Gumbo è uno stufato speziato tipico della Louisiana, e questo trio dalla tradizione di New Orleans sembra aver ereditato molto più del nome. Clarinetto, chitarra e contrabbasso, tra Mingus e lo swing.

Billy Cobham Band. Da giovedì 28 a Sabato 30 al Blue Note.
Che sia o non sia il più importante batterista fusion vivente è questione di lana caprina, la verità è che quando Billy ha le bacchette in mano può anche mettersi a picchiettare sullo spigolo di un tavolo che comunque c’è da crogiolarsi nel piacere.

Musica per Bambini ft. Napo. Venerdì 29 al Cicco Simonetta.
Un’abbinata così assurda che la curiosità sorge immediata. Scegliete voi chi siano gli adulti e i bambini nel cast della serata.

LuPi, Milesi:Merlin. Venerdì 29 a Masada.
Prima l’improvvisazione concreta del duo Milesi (sax) / Merlini (chitarra), poi le fughe del quartetto elettroacustico che, tra jazz e psichedelia, presenta il suo nuovo album.

Muhal Richard Abrams Quintet. Domenica 31 alle 11 del mattino al Teatro Manzoni.
Aperitivo in Concerto va ormai verso la sua conclusione di stagione, ma prima di congedarsi gioca la carta forte di briscola con uno dei pianisti-chiave della Chicago più bella e creativa di sempre.

Scott Kelly, CHVE. Domenica 31 al Lo-Fi.
La chitarra dei Neurosis e quella degli Amenra. Due set, due voci, due chitarre acustiche che nulla c’entrano con le band di riferimento. Se non per l’attitudine, se ancora esiste.

Sainkho Namtchylak. Martedì 2 febbraio al CRT.
Dalla Siberia con furore. Sainkho Namtchylak è la dimostrazione vivente di come il punk non conosca confini ne’ epoche storiche limitate. L’ultima sua produzione riesce a far incontrare la profondità assoluta della sua voce con le ritmiche desertiche dei Tinariwen, rendendo il termine “globale” di colpo obsoleto.

Lee Konitz. Mercoledì 3 al Blue Note.
Le possibilità sono due: o Lee Konitz è immortale, oppure ha tipo duecento anni, e deve averli trascorsi tutti a suonare, tanto è ingente la sua discografia insieme a praticamente tutti i più grandi del jazz. Questa volta è da solo, per motivi anagrafici.

Adele H, Luca Carnelli. Giovedì 4 al Piano Terra.
Adele suona la sua voce e il suo respiro, mettendoli in loop fino a crearne melodia. Luca Carnelli si accontenta di un sax, ma lo guida a 360°, da Paganini agli spiritual passando per le musiche tribali.

Kodo. Da venerdì 5 a domenica 7 (orari diversi) al CRT.
Chiunque ami i concerti di percussioni vada a sentire i Kodo ogni volta che può, il perchè lo conosce già. Chiunque odi i concerti di percussioni vada a sentire i Kodo almeno una volta, la prima gli basterà per cambiare idea.

Jozef van Wissem, Luca Valisi. Venerdì 5 al Lo-Fi.
Dal liuto alla chitarra elettrica il passo è molto più breve di quanto si possa pensare. Il primo è lo strumento abituale di Van Wissem, il secondo è il tramite con cui Valisi si districa nella società post-industriale, quella del Medioevo ormai prossimo per il quale conviene preparare i liuti.

Ulan Bator. Venerdì 5 in Conchetta.
C’erano una volta gli anni ‘90. Ed erano bellissimi. Si mettevano gli amplificatori a cannone e si faceva headbanging fino ai crampi. Chi è sopravvissuto, come gli Ulan Bator, è chi ha sviluppato la miglior muscolatura nel collo.

Filthy Generation, Minoranza di Uno, Porna & the Kokots, Ordegno, The Croutons. Sabato 6 al Boccaccio (Monza).
Un’allegra seratina di punk/country/electro/blues/folk/rap. In alto le birre, viva il DIY e fanculo tutto il resto.

Teho Teardo. Domenica 7 alle 18h30 al Santeria Social Club.
Nel nuovo enrome spazio della Santeria il vecchio enorme Teardo porta in città “Le retour a la raison”, lunga sonorizzazione dal vivo dei film di Man Ray che rende omaggio alla cosa più importante che ci ha lasciato il novecento: la chitarra.


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