un’ordinaria giornata di merda
Posted: Settembre 20th, 2007 | Author: cauz | Filed under: succede che... | 11 Comments »
e mentre ero rapito da sbattimenti maledettamente burocratici mi arriva un messaggio "sgombero garibaldi".
punto, anzi, senza nemmeno il punto, e nulla piu'.
una storia di 30 anni finisce cosi'.
un pezzo di milano finisce sotto il sole ingannevole di una giornata di merda.
se possono guardare tanti lati della cosa, sia chiaro.
il csoa garibaldi era gia' finito, da diversi mesi. schiacciato dal non essere piu' nulla di sociale, chiuso tra le sue belle mura.
il garibaldi avra' aperto 5 volte negli ultimi 7 mesi.
ed erano le condizioni ideali per una presa per il culo dall'alto, oltreche' da dietro.
le condizioni per un colpo di spugna nel silenzio, alle 6 di mattina, davanti a un numero di persone che non fa le dita di due mani… tra un numero di camionette
azzurro-blu che fa tutte le dita di mani e piedi…
eppure eppure eppure
eppure il garibaldi ha fatto per 30 anni la storia di milano, e per 15 di questi ha in qualche intersecato la mia di storia.
mentre i centri sociali diventavano sempre meno sociali, il garibaldi conservava la sua atmosfera intatta, fatta di incontri strani e di un minestrone umano capace di presentarsi in pochi posti.
ho iniziato ad andare al garibaldi quando avro' avuto 13 anni, ai tempi ci suonavano i punkreas praticamente ogni sabato… e' il primo centro sociale in cui sono entrato, con quei brividi e quella piccola adrenalina che ti danno gli assaggi di illegalita' durante la pre-adolescenza. nei 5 lustri successivi ne ho visti fin troppi altri, e quelle prime piccole scosse adrenaliniche si sono trasformate in pochi mesi in frequanti smorfie di noia.
i centri sociali hanno perso, come perdiamo tutt* le nostre battaglie, ogni giorno.
col trascorrere degli anni hanno perso ogni capacita' di rinnovarsi, perdendo il passo da una societa' che ha cambiato faccia radicalmente, iniziando la grande svendita delle relazioni sociali. sempre meno sociali, rimasti solo "centri"… se non di meno. come sempre, l'umanita' si riflette nel suo linguaggio: i centri sociali oggi vengono chiamati "spazi", come a dire che il loro valore non sta piu' nella capacita' di intessere relazioni, ma nelle metrature che occupano nelle carte catastali. un valore che le aziende sanno sfruttare con molto piu' profitto.
il terzo sgombero in un anno a milano ci riporta presto sulle tracce di albertini, facendoci dimenticare i sentori di cambiamento che milano sembrava voler emanare un anno fa. e su questo bisognera' riflettere, forse prima di quando si pensi…
ps- tutto cio' sono pensieri ad alta voce, di pancia e nulla piu'. per un angolo di mondo in cui mi e' sempre piaciuto rintanarmi, non hannola dignita' di una riflessione… ma se qualcun* avesse fotografato l'omaggio al prof. scoglio che campeggiava sul muro del cesso del garibaldi mi mandi la foto per favore. :)
kortatub ha la soluzione.
Se ben ricordo mi mostrò l’omaggio al prof proprio grazie a una foto.
baci
b.
se non parli di + di 4 anni fa la foto ce la dovrei avere.
solo
chi é il prof. scoglio?
no, no… l’opera campeggiava sul muro del cesso ancora l’ultima volta che ci sono entrato, 6 mesi fa circa.
il prof. scoglio e’ la piu’ grande eminenza che il belpaese abbia espresso nel novecento.
http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Scoglio
http://it.wikiquote.org/wiki/Franco_Scoglio
contro il borghese, morra cinese
Si presentano all’alba, come consuetudine, decine e decine di poliziotti e di carabinieri in assetto da sommossa [altro che ordine pubblico!], forzano le porte e presidiano lo stabile. Aspettano gli operai della ditta convenzionata con il comune che iniziano a inscatolare tutto quello che trovano, lo caricano sui camion e lo portano via.
C.so Garibaldi, un giovedi mattina come un altro, tutt’intorno; un giovedi mattina in cui i padroni di Milano vogliono cancellare un parte di storia di questa città. Per 25 anni lo stabile all’89/a è stato sede di realtà politiche e culturali molto diverse tra di loro: del Centro Sociale Garibaldi, del Centro di documentazione Filorosso, del Partito dei CARC, della Casa degli Artisti, oltre che abitazione per un compagno.
Impacchettano e portano via tutto, sigillano le entrate. A Milano è successo tre volte in pochi mesi tre sgomberi di centri di iniziativa politica e culturale, succede più volte alla settimana alle case occupate da chi non può permettersi di pagare un affitto da strozzini.
E’ il giro di vite che il vice sindaco De Corato aveva premesso e promesso, la politica “decisionista”, di quelle decisioni che restringono gli spazi di agibilità politica in questa città per tutti coloro che non si uniscono al coro del padronato, che non si piegano alle esigenze di mercato, che rifiutano l’esclusione sociale, la precarietà, lo sfruttamento, i ghetti.
E’ il giro di vite che i/le giovani, i/le lavoratrici, i/le precari/e, gli/le immigrati/e, pagano sulla pelle ogni giorno, in forme diverse, ma secondo lo stesso principio: la difesa della “legalità”.
Di quale legalità? Ci chiediamo.
La legalità che consente a un pugno di palazzinari di speculare sugli affitti, la stessa legalità che consente a ogni speculatore di sfruttare, la legalità che viene invocata in occasione degli scioperi dell’ ATM, dei blocchi stradali, delle occupazioni degli studenti.
Ma questa legalità, in nome della quale i padroni sfruttano e la polizia sgombera, denuncia, arresta, picchia, in nome della quale i tribunali sentenziano e condannano, non è legittima.
Non è legittima la legalità che demolisce, passo dopo passo, le conquiste politiche, sociali, materiali e morali che sono state conquistate con anni di lotte, scioperi e battaglie.
La tendenza degli ultimi anni è quanto mai chiara: Milano deve diventare una città ad uso e consumo della buona borghesia: si smantellano i quartieri popolari per trasformarli in ricettacolo della buona società, di giorno, e in bordello di alto bordo, di notte; si costruiscono quartieri ghetto che tutti uniti fanno una grande periferia di degrado e abbrutimento. Si colpiscono i movimenti, gli organismi, le associazioni e i circoli che resistono a questo declino.
La diversità diventa una pericolosa devianza da “curare” e, se il soggetto rifiuta le cure, da criminalizzare e da cui difendersi
Eh no, signori.
Alla vostra legalità, opponiamo una strenua resistenza!
Con gli sgomberi e la forza pubblica riuscirete, forse, a sottrarre degli spazi fisici ma non riuscirete mai a omologare i nostri cervelli. Oggi non esistono le condizioni per proclamare che “ogni sgombero sarà una barricata”, ma esiste la necessità e la volontà di far si che da ogni sgombero si trovi l’intelligenza per inventare forme nuove di lotta in grado di costruire nuove relazioni e rinnovarsi.
Stabilito che con la repressione e gli sgomberi, lorsignori non risolvono nessun “problema”, ma lo spostano, lo rimandano, lo nascondono, per quanto ci riguarda invitiamo tutti i compagni, gli antagonisti, tutti i protagonisti di quel movimento sotterraneo che oggi attraversa Milano, a una riflessione collettiva per affrontare un problema collettivo, per farsi carico collettivamente della difesa degli spazi di agibilità politica in questa città.
Questo probabilmente è un percorso che non gode dell’assenso dei tutori e difensori della legalità, è un percorso di confronto, dibattito e lotta che infrange il significato di questa legalità: è illegale. Ma è legittimo.
Di sgombero in sgombero, da repressione a repressione, da isolamento a isolamento, decine di fatti a sé stanti fanno un fenomeno sociale e politico, collettivo.
La proposta che avanziamo è che ogni collettivo che riconosce il problema si ponga nella condizione di contribuire ad affrontarlo. Partiamo dal dibattito, per sviluppare l’iniziativa sul terreno pratico.
Per questo invitiamo a un confronto, e una agitazione e propaganda collettiva che si svolgerà venerdi 21 settembre alle 17.30 in via Cazzaniga, di fronte alla scuola tedesca.
Anche questa, come molte altre, probabilmente sarà ritenuta un’iniziativa “illegale”. Certamente è legittima.
Sezione di Milano del Partito dei CARC
CSOA Garibaldi
20/09/2007 Sgomberato il palazzo occupato di c.so Garibaldi 89
Non ci fermiamo
Questo sgombero può essere l’occasione per volgere al positivo un atto repressivo.
Per Milano questo è il quarto sgombero di uno spazio sociale e politico occupato, uno ad uno vengono eliminati dal tessuto della città.
Le ragioni di questo fenomeno non sono unicamente riconducibili alla speculazione edilizia che con la sua insaziabile sete di profitti non esita a comprare, radere al suolo, riedificare e rivendersi tutto ciò che trova sul suo avido cammino, senza preoccuparsi di calpestare la dignità, le relazioni e i bisogni delle persone e delle comunità che abitano e vivono i quartieri.
La deriva culturale in atto, che criminalizza ogni forma di diversità, di povertà, di resistenza e di opposizione, una deriva costruita ad hoc, fatta di individualismo, disinformazione e paura, dilaga ovunque permettendo di nascondere le manovre di questo governo (e dell’ultimissimo modello di centro-sinistra in arrivo), volte fra l’altro all’ulteriore smantellamento dello stato sociale (vedi accordo sul welfare, liberalizzazioni, ecc…), sotto il volto populista di una fantomatica “questione sicurezza”. Oramai sono diventati questioni di sicurezza i ritrovi dei giovani nelle piazze, i migranti che cercano un lavoro per poi morire nella costruzione delle villette dei benpensanti, le scritte sui muri e persino chi lava i vatri al semaforo. E diventa “questione sicurezza” anche qualunque pratica e forma di espressione politica e culturale che non si lasci ricondurre all’interno del sistema prestabilito;qualsiasi elemento di costruzione di alterità può essere destabilizzante per l’ordine costituito e va eliminato esemplarmente.
Ed ecco che una mattina di settembre, senza alcun preavviso, si presentano in forze i “tutori della legge” per sigillare ed eliminare, nel modo più rapido e indolore possibile, un edificio che per trent’anni è stato generatore di identità alternative ed antagoniste, espressione di pratiche e modelli diversi che non sono mai scesi a patti con un sistema che non li riconosce e in cui non si riconoscono; per trent’anni questo spazio è stato VISSUTO, è stato un crocevia di storie, è stato lotte e battaglie, è stato attraversato dalle persone, dai gruppi, dalle identità più disparate. Poi, all’alba, ecco il vero e proprio blitz militare con il quale il comune ha deciso di alzare il tiro, colpendo un obbiettivo politico con un portato significativo e creando così un pericoloso precedente.
Ecco perché è ora di dare un segnale forte di discontinuità; di porre un freno a queste politiche securitario-repressive. E’ venuto il momento di dire basta.
Il cambio di rotta deve essere segnato da una riflessione su quali errori e su quali mancanze hanno permesso di arrivare al punto in cui ci troviamo oggi; sarebbe troppo semplificativo ascrivere lo sgombero alle difficoltà che il palazzo e il centro sociale stavano vivendo negli ultimi tempi, darebbe spazio a risposte che si inseriscono in quella spirale autocommiserativa dalla quale invece è ora di uscire.
E’ venuto il momento di aprire il dibattito sull’efficacia attuale dei nostri metodi e strumenti, abbandonando il modello di una resistenza passiva e conservatrice per avviare un rinnovamento necessario. Se nella fase attuale è possibile sgomberare in pochi mesi quattro realtà (per limitarci solo alla situazione milanese) significa che dobbiamo avere il coraggio di prendere atto che i nostri strumenti non sono forse adeguati, di metterci in discussione e rivedere alcuni meccanismi che riperpetrandosi uguali a se stessi ci allontanano dalla materialità.
I pacchetti preconfezionati e le risposte date sull’onda della consuetudine hanno dimostrato la loro inefficacia.
Attraverso l’assemblea all’aperto che ha avuto luogo il giorno dopo lo sgombero si è cercato di riportare ad un dibattito collettivo queste considerazioni senza necessariamente confinarle dando loro una risposta immediata.
Lo sgombero ha così avuto l’effetto di portare fuori dalle mura dell’edificio i contenuti e le riflessioni che hanno avuto modo di essere condivise con le altre realtà e soggettività intervenute.
L’assenza delle mura non ha impedito il confronto ma lo ha accentuato e rilanciato riversandolo nel luogo pubblico per eccellenza, la piazza.
Abbiamo attraversato la via dando vita a due momenti differenti all’interno di un’unica iniziativa.
Al momento del confronto, davanti ai nuovi palazzi in costruzione, è seguito quello dell’agitazione sul “ricco” corso Garibaldi nella sua ora clou: l’aperitivo.
Questa è stata una sperimentazione nella quale si è provato a ribaltare lo stato di cose imposto, da una situazione distruttiva ad una ricompositiva.
E’ il momento di reinventare forme nuove che facciano emergere i conflitti e ricostruire quel reticolo di condivisione e diffusione di una cultura e di una pratica radicalmente incompatibili con l’esistente.
E se c’è chi, davanti alla attuale fase di crisi, vede come unica risposta possibile l’appiattimento su parole d’ordine spuntate, l’avvicinamento alle istituzioni per cercare riparo, noi invece pensiamo che sia questo il momento per rimarcare la nostra distanza da un sistema violento e volgare che sfrutta, falsifica, offende, uccide.
E’ il momento di abbandonare vecchie strade senza troppi rimpianti ma senza perdere il valore forte delle nostre idee e dei nostri percorsi.
Apriamo un momento di confronto lunedì 24 settembre alle 17:30 davanti all’acquario civico in parco Sempione.
Il percorso continua…
Grazie a tutti per la solidarietà che ci avete e ci state portando.
Singoli e realtà di luoghi diversi con pensieri e pratiche differenti, ma quello che ci unisce è un’insaziabile desiderio di stravolgere il futuro.
I compagni e le compagne di Garibaldi
Resoconto appuntamento 24 settembre
Ieri 24 settembre, abbiamo indetto un incontro pubblico di fronte all’acquario civico, nel parco Sempione.
Questo passaggio rientrava nel percorso di mobilitazione che abbiamo intenzione di sviluppare contro gli sgomberi, mobilitazione e confronto generale con tutte le componenti del movimento che in vario modo condividono la necessità di rivendicare gli spazi di agibilità politica e di organizzazione, autogestione, autodeterminazione.
All’ora dell’appuntamento, la zona dell’acquario era circondata da ingenti forze di polizia e digos che ostentavano la loro presenza,fotografavano e filmavano ogni nostra mossa, abbiamo pertanto deciso di modificare le modalità di incontro.
Che pensano i signori ispettori, che in questo modo riusciranno a metterci il bavaglio e il guinzaglio?
Chiariamo che:
1. l’assemblea si è tenuta ugualmente, in altro luogo, ed ha rappresentato
effettivamente la prosecuzione del lavoro iniziato venerdì 21 settembre con l’incontro in c.so Garibaldi
2. che ogni tentativo da parte degli sbirri, questura, carabinieri, provocatori, di impedire il normale svolgimento delle nostre attività [normale svolgimento che intendono sottoporre alle restrizioni della legge marziale] troverà adeguata risposta e adeguata mobilitazione.
3. che difenderemo sempre il diritto di riunione, organizzazione, espressione e iniziativa che in questo Paese sono stati conquistati con la guerra di liberazione e la Resistenza: non saranno 10 o 20 funzionari zelanti a metterli in discussione e a vietarli per conto dei palazzinari di Milano, in nome di una legalità con la quale spadroneggiano in città.
C.S.O.A. Garibaldi
Carc – sezione di Milano
Contro il borghese, morra cinese.
E a Varese ci pensa l’albanese.
Addio, vecchio Gary Barlow!
vista la pioggia di comunicati… aggiorno con quello di conchetta sulla questione…
La legge è lo specchio dei rapporti di forza sociali
(breve commento a proposito dello sgombero del c.s. Garibaldi)
In un sistema in cui i rapporti sono basati sulla proprietà e sul denaro, la legge non può che rappresentare la difesa di questi valori. Non stupisce, quindi, che la legalità ammanetti il bisogno e lasci impunita la devastante opera di accumulazione di ricchezze e ineguaglianze.
Non stupisce che in piena legalità la strage delle morti sul lavoro (quattro al giorno dichiarate, quante ve ne sono davvero?) non abbia alcun responsabile mentre il lavavetri o il rom di turno sia preventivamente accusato e punito per le sue
colpe future.
Non stupisce che in piena legalità le baracche vengano demolite e persone e cose vengano ammassate ai margini della strada per fare spazio ai templi del denaro, della speculazione e del possesso. Non importa se moriremo soffocati dai gas di scarico delle automobili, l’importante è che ciascuno possa possedere un posto macchina in un parcheggio.
No, non importa se moriremo soffocati, l’importante è che i muri di questa città siano puliti, come i nostri vestiti. Milano non è forse la città della moda?
Non importa se non riuscirai a pagare l’affitto, potrai sempre accendere un mutuo e avere anche tu la tua proprietà.
Non importa se non riuscirai a pagare il mutuo, qualcuno salverà le banche dal collasso (ovviamente, con i soldi della collettività, in perfetto Fiat style).
L’ipocrisia è somma e, alimentando la superstizione, alimenta il suo potere. Già, perché per evitare la crisi si finanziano le banche, non i debitori, altrimenti qualcuno potrebbe anche pensare che questo sistema tenga in qualche considerazione
il “bisogno” di un tetto o di un luogo. Il dio Denaro è severo, e non fa sconti a nessuno. Chiunque pensi che la soddisfazione dei bisogni e l’eguale distribuzione delle risorse siano più importanti della Proprietà e dell’Economia si pone automaticamente al di fuori della legalità, extra lege.
E chi è fuori della legalità merita il dito puntato, merita di fare da capro espiatorio.
Naturalmente, sono solo superstizioni, giochi di specchi, credenze diffuse a uso del popolo, ma anche il dio dei crociati lo era. Non per questo le loro spade tagliavano di meno.
Così i “luoghi dell’illegalità” sono spesso quelli dove si consuma il peccato della necessità o, peggio, dove si trama contro il mito dell’ineguaglianza, ovvero sono i luoghi di tutti, che nessuno può confessare. E per questo sono ineliminabili ma vanno costantemente e pubblicamente repressi affinché ciò faccia da monito quando la fede tentenna.
E così, mentre il Titanic della modernità cozza rovinosamente contro le sempre più inevitabili insorgenze planetarie e l’inarrestabile invasione dei bisogni d’altri Paesi, amministratori della “cosa pubblica” e poliziotti, “eletti dal popolo” e
cortigiani ballano al suono delle ruspe e dei manganelli, ignari (perché accecati dalla loro stessa proterva superstizione) che la nave sta affondando.
Solo topi ed extralegali si salveranno, se riusciranno a non farsi ammaliare, se sapranno guardarsi nello specchio delle anime semplici.
C.S.O.A. Cox 18
Calusca City Lights
Archivio Primo Moroni
se mi dai la mail ti giro la foto
la mail sta nel menu’ qui a sinistra :)
Make love, not war!