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[Zero2] Idris Ackamoor & The Pyramids. 28 marzo. teatro 89.

Posted: Marzo 1st, 2024 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , | No Comments »

Sun Ra è risalito sulla sua navicella ultraterrena il 30 maggio di 30 anni fa e da allora ci sentiamo tutti un po’ più soli. Sbagliando, perché Sun Ra ci ha lasciato tanta, tantissima musica, e con quella non si è in fondo così soli; ma soprattutto perché con il suo volo è tornato a far splendere sulle Piramidi d’Egitto il più incandescente degli astri: quello che illumina i geni e gli sciroccati. Il misticismo delle Piramidi ci ha donato la conoscenza di numerosi culti ancestrali, lo studio dei geroglifici e l’alchimia, così come il periodo egizio degli Iron Maiden, il ciclo di Stargate (ovvero l’altro telefilm col tizio di McGyver) e Voyager di Roberto Giacobbo. In mezzo a tutto ciò, perché genio e follia procedono sempre a braccetto, ci sono Idris Ackamoor & The Pyramids, progetto nato nominalmente negli anni ’70 all’interno dell’ensemble di Cacil Taylor, ma che in realtà è nell’ultimo decennio che ha trovato il proprio slancio più creativo, potente e iperspaziale, complice l’incontro con la londinese Strut, ormai etichetta di riferimento per tutto ciò che si muovo sotto la sabbia dell’afrobeat. L’ultimo lavoro si chiama “Afro Futuristic Dreams”, che è il titolo che dovrebbe avere ogni disco di questo genere, tanto non è mica nel titolo, nella copertina, nella superficie della piramide che si celano i misteri, ma nelle sue viscere. E per scoprire quelle mi sa che i dischi servono proprio a poco, occorre la compresenza nella stessa stanza, il volume alto, l’allineamento degli astri, la connessione mentale con gli spiriti dell’aldilà, il fango limaccioso del Nilo, un coccodrillo antropomorfo con uno scettro di giada in mano… e ovviamente un sacerdote. Eccolo.

 

 

 


[Zero2] SabaSaba. 16 marzo. arci Bodoni.

Posted: Marzo 1st, 2024 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | No Comments »

Che storia, i SabaSaba! Ogni volta che incidono qualcosa buttano giù un muro. Che storia e che storie che sanno raccontare con il ricorso a una musica fatta al 100% di concretezza. La città sconosciuta di cui parla questo nuovo disco è quella dello scrittore di fantascienza dark China Miéville, ma potrebbe essere senza grosse difficoltà anche una delle nostre. E più di ogni altra, la Milano di questo inizio millennio vi si adatta alla perfezione, con la sua aria irrespirabile, la sua socialità disgregata, i suoi ambienti resi sempre più claustrofobici dall’incombenza di nuove costruzioni che si mangiano gli spazi come predatori voraci. Una città piena di confini tratteggiati, che si vorrebbero invisibili ma invisibili lo diventano solo per abitudine forzata. Volenti o nolenti, siamo state educate tutte a girare lo sguardo, a distrarci dagli attriti, dai confini che esistono e, è storia dirompente dei nostri tempi, mietono vittime. Rifuggendo con convinzione un universo di musica ambient fattasi sempre più piatta, anonima e anestetica, i SabaSaba rimettono l’idea al centro del suono, l’artigianalità come strumento per plasmare una storia e con quella raccontare un mondo in cui il confine, che sulle mappe digitali appare come una riga spessa e invalicabile, diventa un’esplosione di vita, rumore e conflittualità, una volta distolto lo sguardo dallo schermo. Che storia, i SabaSaba! Che storia, che tragedia, che farsa, il mondo!

 

 

 


[Zero2] Rite, Alabaster de Plume. 09 marzo. Novara jazz.

Posted: Marzo 1st, 2024 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , | No Comments »

«Pierino, qual è la capitale italiana del jazz?… Sbagliato, Pierino. E no, una pernacchia non vale come risposta».
«Qualcun altro? Chi alza la mano? Tu, lì in fondo… esatto! Non fate quelle facce. La capitale italiana del jazz è Novara. E da tempo, ormai».

L’interrogazione è decisamente immaginaria; manco da troppi decenni dalle scuole dell’obbligo, ma non penso di sbagliarmi nell’immaginare che la geografia della musica non sia ancora, purtroppo, entrata nei programmi ministeriali. Ma per quanto immaginaria sia, parte da un presupposto ormai lampante, perché quello che ha fatto Novara Jazz sull’intera scena nazionale in questi vent’anni è qualcosa che meriterebbe sì di entrare nei libri, se non in quelli di geografia almeno in quelli di storia. Il prossimo passaggio è il rinnovo di una lieta iniziativa, ormai già divenuta consuetudine: quella dei cosiddetti “Weekender”, che distribuiscono alcuni pezzi grossi dell’impro mondiale anche nelle stagioni meno festivaliere. E quando si parla di grossi calibri, il pensiero corre veloce a Mats Gustafsson, uomo immagine del jazz radicale, rumoroso, brötzmaniano dei giorni nostri. Gustafsson che arriva dalla Svezia profonda, isola felice per chi ama fare casino con la musica del diavolo, e che a Novara incontra Zoe Pia, clarinettista nata e cresciuta in Sardegna. Ecco, nel modulo due di quell’immaginario corso di geografia sarebbe il caso di spingersi nell’entroterra sardo, per comprendere come anche l’isola tirrenica sia divenuta una fucina di talenti jazzistici (chissà quanto aiutata da un altro festival che ha fatto da riferimento a tutto il Paese per un paio di decenni). Il nuovissimo duo si chiama Rite, e come un rito si propone: sacro e dirompente. Rituale come il concerto di Alabster DePlume, che quando sale sul palco impugna il sax tutto storto e decanta la gioia di vivere, l’amore, la solidarietà come strumenti di una nuova religione meno divina e più umana, o forse che spinge l’umano verso il divino. Una religione che se dovesse diffondersi nel mondo potrebbe stimolare nuovi luoghi di culto e pellegrinaggi, e uno di questi sarebbe indubbiamente verso Novara.

 


[Zero2] Necks. 1 dicembre. Teatro 89.

Posted: Novembre 30th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , | No Comments »

Ho comprato il biglietto per questo concerto di dicembre in un pomeriggio afoso della scorsa estate. È molto raro che io mi muova con così tanti mesi di anticipo, ma è ancora più rara, diciamo sicuramente unica, l’occasione di un concerto dei Necks a dieci minuti da casa. Nei loro 36 anni di storia, i tre australiani sono passati in Italia con il contagocce, da Milano, a occhio e croce, direi mai. Per sentirli dal vivo ho sempre dovuto passare troppe ore in autobus, in treno, nelle code degli aeroporti, ma ne è sempre valsa la pena. Forse era persino giusto, per un gruppo che viene da oltre sedicimila chilometri di distanza (per quanto due su tre siano ormai stabilmente di casa in Europa).

Che questo articoletto sembri uscito da un catalogo di un’agenzia di trasporti lo si può giustificare facilmente con il fatto che l’ultimo album del trio si intitola “Travel” e rappresenta effettivamente una sorta di viaggio. Ci vuole poco, tutte le volte che i tre si mettono a suonare comincia un viaggio. Comincia da zero, da prima che esista la musica, e arriva a infinito, nel senso che non arriva da nessuna parte. I Necks ogni volta che suonano si perdono. E lo stesso capita a me ogni volta che li ascolto. Durante quell’ora, suppergiù, può accadere letteralmente di tutto e quel tutto sarà presto scomposto e sopraffatto dal suono, infine dimenticato. Quello che succede a un concerto dei Necks resta a un concerto dei Necks, quindi che senso ha parlarne qui, ora, quando tutto ciò che rimane da fare è accaparrarsi uno degli ultimi biglietti e non perderseli, meglio perdersi.


[Zero2] NJ Weekender Autumn Edition. 11&12 novembre 23. Nòva.

Posted: Novembre 10th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , | No Comments »

Stavo provando a immaginare il perché questo fine settimana di NovaraJazz si chiami “weekender” anziché “weekend”, cosa potesse rappresentare quel piccolo suffisso. Non conoscendo il termine, pensavo a cosa fosse un “weekender”: un professionista del fine settimana, immagino, qualsiasi cosa possa significare. O di più, forse weekender è semplicemente un accrescitivo: un weekend che è più weekend di un normale weekend. E allora sì, tutto torna, perché diavolo lo trovi un singolo fine settimana in cui suona tutta questa adorabile masnada di talenti? Dove lo prendi un sabato pomeriggio in cui già prima del tramonto arrivano i parigini Nout con la loro scioccante miscela free-rock, all’ora di cena il quartetto Code of Being, guidato dal lungimirante sax di James Brandon Lewis, e in serata l’enciclopedia vivente di Cheick Tidiane Seck, che con il suo quartetto prende la musica del Mali e la scaglia in mezzo al jazz più sudato? Come puoi definire poi una domenica altrettanto grassa, con la lingua esoterica e universale di Daniela Pes contornata dai concerti di She’s Analog e Addict Ameba? Un fine settimana che è davvero molto più di un weekend, dove lo trovi se non a Novara, dove da 20 anni basta aggiungere la parola jazz al nome della città per trovarsi in mezzo a uno dei festival più vivaci d’Italia? E festival è un’espressione riduttiva, perché NovaraJazz sono le giornate pienissime di inizio estate ma anche la rassegna che si snoda per tutto l’anno, in appuntamenti grandi e piccoli, e da qualche tempo anche con i due fine settimana da “weekender”. NovaraJazz è molto più che un festival, ci vorrebbe un accrescitivo, un festivaler, un festivalone, in ogni caso un regalo con largo anticipo rispetto al natale.

 

 


[Zero2] Jazzmi. dal 12 ottobre al 5 novembre. in giro.

Posted: Ottobre 2nd, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , | No Comments »

Ho trascorso le ultime settimane in un piccolo paese semi-spopolato sulle colline. Il paesaggio sonoro era composto dai versi degli animali, dai macchinari al lavoro nei campi, dalle urla dei giochi di bambini lontani, dalle frasche degli alberi agitati dal vento, e dalle campane. Nelle aree interne succede ancora: i campanili si attivano regolarmente, ogni ora, o quasi. Perché le campane, benché non esistano più i campanari, si insinuano nell’orizzonte portando con sé la tradizione, vero, ma innervandola di un non so che di improvvisazione, quasi di caoticità. Così c’è quella che salta qualche ora, imprevedibilmente, quella che ogni tanto batte le :00 ma altre volte le :04, o le :02, o tutte e tre; quella che fa le mezz’ore ma solo in certe fasce orarie; quella che alterna, senza un filo logico, melodie differenti.

A Milano le campane suonano di rado, la genuinità del paesaggio sociale è stata soffocata negli anni dal cemento e dal mercato, ma se si dovesse scegliere un momento per far suonare tutte le campane di Milano, a chiamata e a festa, be’, quel momento sarebbe l’arrivo di JAZZMI. Sarebbe un benvenuto alla vita, a chi torna in città e a chi vi transita, perché JAZZMI è questa cosa qui: uno dei rarissimi motivi per cui vale la pena abbandonare le colline e ridiscendere a Milano. In una città sempre più rassomigliante a una silenziosa e immutabile distesa d’asfalto, dove la musica suona soltanto sottoterra e le strade sono state svuotate dalle persone per dare spazio e precedenza esclusivamente alle merci, ecco che per tre settimane abbondanti torna, finalmente, il rumore.

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[Zero2] Due giorni. 30 settembre. teatro 89

Posted: Settembre 15th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | No Comments »

La questione del volume è facile: non può che aumentare. Lo abbiamo imparato tutte sin dall’infanzia, dal primo disco che ci è piaciuto, dal primo cartone animato in tv. Il volume si alza, sempre, incuranti delle casse che cominciano a vibrare, degli altoparlanti che gracchiano. Si alza il volume per condividere, per approfondire, per godere. Il volume aumenta nello spazio, aumentiamo di volume crescendo, aumentano gli oggetti di cui ci circondiamo in questa società dell’abbondanza, aumenta il volume di dischi, cassette e cd che abbiamo appoggiato su quello scaffale, per poi aggiungere un altro scaffale, poi dedicargli un mobile intero che quello prima, comprato in sottoprezzo da qualche catena svedese, si era ormai sfondato. L’universo si espande e si espande, aumenta di giorno in giorno, anche il volume che scriviamo nelle nostre vite. Un volume sempre più spesso di esperienze, emozioni, incontri, luoghi.

A Milano esiste un luogo ideale per incontri ed esperienze emozionanti. Si chiama Volume, ed è nato dall’idea di un uomo molto alto, che ha riunito cuori molto grandi e timpani molto curiosi, richiamati -va da sé- dal volume.

Giunto al settimo anno, alla facciazza della crisi matrimoniale auspicata da ogni rotocalco, nel 2023 Volume la festa di compleanno la lascia e la raddoppia.

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[Zero2] Makaya McCraven. 20 luglio. Triennale.

Posted: Luglio 20th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , | No Comments »

Per quanto diversamente possano sostenere i machos del sex, drugs and rock’n’roll, per quanto possano raccontarsela muscolosi rapper fuori dal tempo, per quanto possano osteggiarla cantanti pop dai bacini in perenne ondeggiamento, non vi è nulla di più sexy del jazz nel mondo della musica, non prendiamoci in giro. Se la cosa ancora non ti convince, beh, prova a chiedere a Makaya McCraven. Anzi, prova anche solo a mettere su un disco di Makaya McCraven. Ancora meglio, prova ad andare a vedere . Basteranno pochi minuti per rendersi conto che quel brivido è partito certamente dalle orecchie ma ben presto si è insinuato nelle mutande. Senza possibilità di resistervi.

Cresciuto a pane e musica da papà Stephen, allievo di Max Roach e a lungo tempo sodale di Archie Shepp, e mamma Agnes Zsigmondi, flautista di musica tradizionale ungherese, Makaya è già diventato un faro per il jazz contemporaneo, quel miscuglio di spiritual, free, cut-up, post-rock, soul, tradizioni etniche e musiche per organi caldi che ha fatto scoppiare cuori e orecchie di tutti gli appassionati, pescando in una tradizione profonda e stravolgendola, guardando con decisione oltre l’orizzonte. Lui la chiama “organic beat music“, con una buona sintesi in cui il beat sta al centro, perché Makaya è sì uno straordinario compositore, ma resta soprattutto un percussionista. Il suo talento sta nel battere e nel far battere, cuori e inguini. E mani e martelli, menti e bastoni, perché l’erotismo è amore, e dall’amore nascono le rivolte, le rivoluzioni. E come ci insegna la lunga storia del jazz, ancora ben lontana dai suoi capitoli conclusivi, non c’è nulla di più sexy di una rivoluzione.


[Zero2] Mabe Fratti. 9 giugno. Planetario Torino.

Posted: Giugno 7th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , | No Comments »

Mabe Fratti ha puntato il suo obiettivo molto lontano, ma non ha alcuna fretta per raggiungerlo. Un obiettivo ampio: l’Universo. E un punto di partenza più che mai concreto, la terra, quella minuscola. La terra in cui ha i piedi ben piantati non è semplicemente il pianeta su cui tutti incidentalmente ci siamo ritrovati a vivere, bensì la terra che dà vita, germoglia, accoglie e sorregge.

Sin dal suo esordio solista, anno 2019, la violoncellista ha piantato le sue fondamenta nel profondo della sua terra, tra Guatemala e Messico, e da lì ha costruito una lunga rampa di lancio, come un’antenna per connettersi allo Spazio più profondo. Non per desiderio di conquista, ma per fame di contatto, di portare la sua storia, la sua visione, come una tra le tante storie dell’umanità, altrove nel cosmo.

Così dopo aver elaborato un piano e averlo messo in moto con due straordinari dischi di ambient-jazz ipnotico e poesia, lo scorso anno, con “Se ve desde aquí“, si è librata in volo, per osservare il mondo come Gagarin: dall’alto, dove tutto si vede, senza frontiere né confini.

A Torino, per chiudere il programma di Jazz is Dead, Mabe Fratti suona in un planetario, con lo sguardo all’insù, perso tra le profondità del cielo. Non sarà un concerto, piuttosto un dialogo interstellare. Arrivate aperti.


[Zero2] NJ Weekender Spring Edition. 15&16 aprile. Nòva.

Posted: Aprile 14th, 2023 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | No Comments »

Non fatevi trarre in inganno. Il nome, “NJ weekender Spring Edition“, sembra uscito da qualche volantino newyorkese, ma fortunatamente non è così, non c’è da preoccuparsi. Quel NJ non è un logo da cappellini da baseball, bensì il semplice acronimo di Novara Jazz, e di americano c’è solo qualche musicista, per il resto i piedi sono ben piantati tra le risaie.

Di questi tempi capita spesso, infatti, che al parlare di festival (ma non più solo di festival, oggi anche solo di concerti, forse addirittura di bar) si invochi il fantasma dell’internazionalità, che nulla ha da spartire con un più celebre spettro che, oltre un secolo fa, “si aggirava per l’Europa” ma molto ha da dire sui tempi in cui viviamo, quelli dell’omologazione. Così, come le città di tutto l’Occidente (e oltre) stanno irrimediabilmente diventando una uguale all’altra, c’è chi desidererebbe la stessa cosa dai festival. Ma se questo da qualche parte accade, beh, non accade a Novara. Come un piccolo gioiello resistente, Novara Jazz è da quasi 20 anni un valido antidoto alla globalizzazione, un festival “di provincia” aperto al mondo, ma con il coraggio di guardare a un mondo che si estende in ogni direzione, a partire dalle strade di casa. E non perde l’occasione di ricordarlo, pure fuori stagione.

Questo “weekender” apre le braccia alla primavera accogliendo voci e suoni da tre diversi continenti, mischiando live e dj set per un ricco antipasto della stagione che verrà. E se il trio dei Jazz-Bins di Marc Ribot (con Greg Lewis e John Dyson) o il sublime Ahmed Quartet hanno già l’aura dell’imperdibilità, le orecchie andranno ben tese tanto per le selezioni della dj ugandese Catu Diosis quanto per tre progetti italiani ma dallo sguardo globale che più globale non si può, come Alessia Obino, Al Doum & the Faryds e Rhabdomantic Orchestra (il cui live è una danza irresistibile). È primavera, gli alberi sono rigogliosi e tutto fiorisce, a Novara anche la musica: una specialità locale per ogni stagione.