-dopo- Neil Young & Promise of The Real
Posted: Luglio 19th, 2016 | Author: cauz | Filed under: larsen | Tags: -dopo-, maestro, market soud, milano, neil young, rockin in the free world, willie nelson | Commenti disabilitati su -dopo- Neil Young & Promise of The Real[*] Un’altra volta, maestro Neil, ancora una volta.
un’altro vortice di musica e amore per la musica.
certo, questi pischelli non sono i crazy horse: sono bravi, sono contenti, ma sono una backing band, portano poco (a parte il papà). però a guidarli c’è questo vecchiaccio diabolico che sul palco si diverte come un bambino.
certo, c’è sempre questa tassa da pagare con neil young, che è il set acustico. una prima mezz’ora abbondante in cui il maestro spara dietro tutte le sue hit, prima da solo e poi con la band. meglio prima che poi, almeno per i pezzi al piano e all’organo con cui apre, ma il tutto almeno culmina con “comes a time”.
annunciatissima giunge puntuale la presenza dell’esoscheletro di Willie Nelson, che sale sul palco tra i figli e il maestro per un intermezzo country debitamente sintetico: tre pezzi e poi via. poi si apre il cielo.
in ogni concerto riuscito di Neil Young c’è un pezzo che svolta l’istante, la serata, la vita. Ieri sera quel pezzo era “Words”, è il momento in cui la les paul del vecchiaccio diventa la bacchetta del direttore d’orchestra. è il momento che dà il via a un’ora di derive elettriche e immaginarie. è il momento in cui il live si fa politica.
c’è un concetto strano in questo neil young tardivo, che ormai se ne fotte di ogni giudizio, mangia ciliegie e pontifica in musica sul sangue della madreterra e la globalizzazione. lo fa in maniera caciarona e spontanea, suonando i pezzi dei suoi “monsanto years” quando i suoi coetanei piazzano le hit dei dischi d’oro, con un approccio alla politica completamente psichedelico. Quello di questo vecchietto che non si arrende a nulla, ne’ alle sfighe ne’ alle ingiustizie, che tira fuori la stessa voce di quando aveva 20 anni, le stesse derive elettrificate e lo stesso sorriso.
dovrebbe chiudere con RIFW, è inevitabile, e inevitabilmente lo fa, a compiacere un pubblico che tutto d’un tratto scatta a gridare e fare video con gli smartphone, cantando come un ritornello da stadio uno dei pezzi più schietti e radicali di Neil young, di quello stesso “free world” che non c’è, che neil young anela da tempo, che è lo stesso di questo suo rinnovato impegno psichedelico. Prendere per il culo il pubblico col finale di RIFW, lo rifà tre o quattro volte, ingannando i paparazzi improvvisati che sperano sempre di poter tornare ai pokemon…
neil young invece torna al country. il bis non è “my my hey hey”, non è “cortez the killer”… è una filastrocca di campagna -“homegrown”- che il vecchio vuole cantare con l’ancor più vecchio Nelson. tutti sul palco, a ridere, cazzeggiare e fare i versi degli animali. un finale di una spontaneità accecante, di gente che tutto sommato è qui per divertirsi, per fare il giro tondo intorno a willie nelson e restarsene a chiacchierare sotto le luci accese, sotto le giuste attese.
psychedelic music fills the air.
[*] -dopo- è un tentativo di raccontare i concerti il giorno dopo. in estrema sintesi, giusto per togliere polvere dalla tastiera. che però neppure questa volta si poteva fare col dono della sintesi, che ci posso fare…