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Piove ghiaccio

Posted: Novembre 17th, 2007 | Author: | Filed under: cadevo, larsen, time stands still | 1 Comment »

e’ l’aria fredda delle zone polari, nel nord del canada, che soffia
verso il basso… passa sopra i grandi laghi e ne raccogli l’umidita’
coinvogliandola sotto forma di piccole schegge di ghiaccio, che piovono
senza attaccare ne’ bagnare. ma il vento ti pugnala, mille piccole
coltellate, mille schegge gelide infilate sotto pelle.

e trascinato dal vento, dal ghiaccio, o da chissa’ che, neppure questa volta saro’ a zena.

ma canto, almeno, per tutt* i/le bellissim* sovversiv* che insensatamente o meno tra qualche ora saliranno sui treni per genova, se non ci stanno gia’: 

Sono dieci anni suonati che suono
questa chitarra e che canto di cuore
canti di vario modello;
già mille volte ho cambiato di tono
dal do maggiore al do diesis minore
dal valzer allo stornello;
colla ciaccona colla marcia turca
col madrigale la giga il flamenco
la ciarda la controdanza
col tango col samba e con la mazurka
dei vari ritmi ho esaurito l’elenco
ma ho mai cambiato sostanza.

Ho cantato sempre
in base ad una convinzione
che la cosa più importante
è battere il padrone;
ogni canto l’ho composto
perché ci aiutasse
a portare fino in fondo
la lotta di classe;
ho sperato che ogni strofa
quando l’ho cantata
ci aiutasse a battere
la proprietà privata.

Sono dieci anni che canto le lotte
e i mille scioperi e la strategia
per far la rivoluzione;
ma son dieci anni che canto le botte
e i caroselli della polizia
e le condanne in prigione;
c’è il canto triste se siamo battuti
c’è il canto allegro se mille operai
scendono in piazza a lottare;
ma dopo tanti gorgheggi ed acuti
mi sono accorto che forse oramai
non c’è più gusto a cantare.

Il padrone ci ha
uno stomaco da mille lire
e per quanta merda mangi
la sa digerire;
lui aumenta i prezzi
segli strappi più salari
poi ti taglia i tempi
e ti fa far più straordinari ;
figurarsi se i miei canti,
lui che ingoia tutto,
non ci riesce a digerirli
e a farci sopra un rutto.

Per quanti acuti abbia emesso di testa
nessun padrone ha perduto un quattrino
di rendita o di profitto;
non basta un canto sia pur di protesta
perché succeda che qualche inquilino
abbia ridotto l’affitto;
un ritornello non serve per niente
non c’è ballata che serva a qualcosa
né un ritmo di monferrina
per render soffice uno sfollagente
per affrettare la morte gloriosa
di un yankee nell’Indocina.

Forse occorre che
questa chitarra a ciondoloni
si trasformi in mitra
e possa emettere altri suoni;
e che le sei corde
per produrre altri rumori
si trasformino di colpo
in sei caricatori;
e che queste dita
per produrre qualche effetto
anziché grattare arpeggi
premano un grilletto;
forse può servire solo
più la passacaglia
che con la sua voce

sa intonare la mitraglia.

Play It (if you can) [ > ]


 


 
"Se il mio destino è di restare eternamente un eretico… tanto peggio.
Vorrà dire che morirò senza rimpianti, con tutti i miei dubbi, ma una
sola certezza: di non essere mai stato complice dell’orrore, del
sopruso, degli oppressori di ogni sorta, qualunque sia il colore e
l’ideologia che lo animi".

"Avevo il diritto di viverla quella felicità. Non me lo avete concesso.
E allora, è stato peggio per me, peggio per voi, peggio per
tutti…Dovrei rimpiangere ciò che ho fatto? Forse. Ma non ho rimorsi. Rimpianti sì, ma in ogni caso nessun rimorso".

(Jules Bonnot) 

 

letters from istanbul

Posted: Settembre 4th, 2007 | Author: | Filed under: cadevo | Commenti disabilitati su letters from istanbul
"Ho trascorso la mia vita ad Istanbul, sulla riva europea, nelle case che si affacciavano sull'altra riva, l'Asia. Stare vicino all'acqua, guardando la riva di fronte, l'altro continente, mi ricordava sempre il mio posto nel mondo, ed era un bene. E poi, un giorno, è stato costruito un ponte che collegava le due rive del Bosforo. Quando sono salito sul ponte e ho guardato il panorama, ho capito che era ancora meglio, ancora più bello di vedere le due rive assieme. Ho capito che il meglio era essere un ponte fra due rive. Rivolgersi alle due rive senza appartenere"
(Orhan Pamuk)

istanbul e' una citta' di mare.
citta' per modo di dire… se la turchia rappresenta quasi un continente, istanbul e i suoi 10-15 milioni di abitanti ne fanno quasi uno stato all'interno… una megalopoli sconfinata, abbracciata ai suoi mari.
e' una citta' d'acqua, istanbul, ed e' da li' che siamo partiti per il nostro viaggio in turchia. perche' non ci sono storie, la turchia parte da istanbul.

 
 
in viaggio, istanbul ti offre tutto…
 
c'e' il sultanahmet con i suoi angoli di storia tra chiese e moschee, alternati a casette di legno in stile quasi mississippi. e' il fulcro del turismo storico di istanbul, casa legnoma riserva sorprese dietro ogni angolo, girando dalle piazze principali si puo' capitare nel giro di 20 metri in vie buie con case crollate e bruciate, e dietro un altro angolo di nuovo una splendida moschea antica… e' il quartiere dominato dall'antico palazzo dei sultani, il topkapi, con il suo harem di ceramica e prati da cui si gode la prima visione di questa citta' sconfinata.
 
c'e' eminonu, con il bazar e il primo dei ponti… il vecchio ponte "genovese" di galata, che scavalca il corno d'oro, da cui ad agosto si trovano ancora ragazzi che fanno i tuffi,antennaz ma soprattutto dove i pescatori si affollano e con 1 euro o quasi ci si ritrova in mano un paninone pieno di cipolla e pesce appena grigliato.
c'e' taksim, la vecchia "pera", brulicante di negozi, bar e ristoranti a mostrare la vera faccia europea ed occidentale della vecchia costantinopoli.
c'e' la sponda asiatica, estesa all'infinito tra antenne, palazzi in costruzione e strade…
 
 
e c'e' il mare.
e' un mare tenace, sara' il sale dell'acqua a spingerlo, ma un mare che dal mediterraneo e dal mar nero ha talmento insistito per ricongiungersi che in fondo ce l'ha fatta…
arricciandosi verso l'asia il mediterraneo ha pensato bene di spaccare un continente, separare la figlia europa dalla madre asia, ed infilarsi in mezzo rosicchiando lo stretto dei dardanelli… ma il mar nero e' lontano, e lungo la strada il vecchio mediterraneo ha rallentato e si e' allargato, pisciando fuori quella "stranezza ovoidale" che prende il cacofonico nome di mar di marmara.
li' in fondo, spunta la megalopoli di istanbul. ed in omaggio a questo groviglio il nostro mare ha pensato bene di non tirare soltanto dritto verso l'agognato mar nero, ma di far spuntare pure un altro specchietto d'acqua verso nord-ovest, quel corno d'ora intorno a cui si e' scritta la storia di costantinopoli.
ma e' un mare tenace, ed al mar nero ci e' arrivato per bene, con quel canalone di vita che e' oggi il bosforo, uno stretto di 2-3 km per una trentina di lunghezza che completa questo percorso accompagnando quasi per intero la grande citta'.
bosforo

 
 
 
 
 
 
 
il bosforo mostra tutta istanbul, dalla ricchezza del topkapi alla magia di ortakoy fino ai quartieri piu' profondi, dove il panorama si riempie di villette stile lago di como e piccoli porticcioli… e spiaggie. il bosforo e' pero' un autostrada, di navi cariche di petrolio e coperte di container… e' tra queste che si fa il bagno, si pesca e si naviga.
ed e' questo traffico "metallico" che definisce il mare salato di istanbul.

 
c'e' una scena in "letters from iwo jima", capolavoro di clint eastwood, in cui un giovane soldato giapponese si affaccia all'aria aperta uscendo dalle trincee che hanno scavato il sottosuolo dell'isola, e guarda verso il mare. piu' che vedere l'acqua, vede una distesa d'acciaio di navi da guerra americane pronte all'attacco.
capita che la visione del mare di istanbul sia come quell'immagine bellica.
acqua, sale e acciaio.
 


la turkıa

Posted: Agosto 14th, 2007 | Author: | Filed under: cadevo | 4 Comments »

la turchıa e' calda, fottutamente calda.

ıl tasto della i e' dıverso dal tasto della "ı", ma il secondo sta al posto del primo…

la virgola chissa'…

le foto prima o poi le avro', ma intanto si sappia che la turchia e' fottutamente calda ma fortunatamente piena dı umarells ad ognı angolo.