il di’ di tempesta

ecco, sabato c’e’ quella partita li’. quella che giochiamo un paio di volta l’anno, piu’ o meno tutti gli anni, che spesso e’ una torta ma che ogni tanto (ultimamente con piacere) invece e’ divertente ed anche piu’ gustosa.
l’ultima, l’anno passato, e’ stata una delle piu’ belle, orgasmiche come un roubaix. e’ stata quella dei tre del principe (del terzo, soprattutto), e’ stata l’ultima volta che ho visto pippo, che quest’anno questa partitella se la vedra’ da due piani piu’ in alto.

la prossima mi fa cacare sotto. vorrei scrivere che ho paura perche’ quest’anno la vedo brutta, ecc… ecc… in realta’ ho sempre una paura canaglia, ce l’avevo sul treno che mi portava per un migliaio di km fino a francioso, ce l’avevo prima delle torte, ce l’avevo quando abbiamo perso sul campo e ce l’avevo pure quando li abbiamo mazzuolati.

la differenza e’ che quest’anno non ci vado nemmeno.

non per paura, ma perche’ no?, perche’ doverci essere per forza?. la differenza, che ancora non ho presentato, e’ lei qui ritratta (benche’ nella foto manchino alcune modifiche). la differenza l’ho chiamata Ororo, un nome da dea (ave discordia!). e sabato mi fido della dea, me la schiaffo sotto il culo, alla faccia di chi incoscientemente mischia i ciclisti con quelli la’.

sabato non la vedo quella partita la’, magari me la replico nei giorni dopo, ma vado a funghi e fango con la nera dea. e poi, finito tutto, sudato e infangato, me ne vado a polenta e grappini, nell’unica osteria di milano che espone la bandiera rossoblu’ in vetrina.