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-dopo- Terry Riley al CRT (o come cazzo si chiama ora)

Posted: Settembre 12th, 2016 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su -dopo- Terry Riley al CRT (o come cazzo si chiama ora)

[*] un’oretta di montecarlo nights, poi un po’ d’Africa.
il maestro californiano non meritava una sala con così tanti vuoti lassù, dopo anni di attesa, ma i così tanti pieni quaggiù non meritavano un concerto così timido, indeciso.

si inizia con the rileys: papà arriva col bastone ma, parliamoci chiaro, chi non si muoverebbe sempre col bastone se potesse? si siede al piano e suona il piano. sì, ecco, “suona il piano”. il duetto con la chitarra di figliuolo gyan funziona tutto, sta ben incastrato nei confini della scatola, dove la chitarra ricuce i passaggi da ricucere ma non spinge mai verso l’esterno. tanto da finire in certi momenti a ricordare uno stantio piano jazz radiofonico. qualche brividino sulla schiena affiora quando Riley canta. Già, perchè terry riley nello snobismo generale è un cantante sopraffino, come testimoniato dalle poche volte in cui non nega la propria voce. per cantare però serve il fiato, e per il fiato non c’è bastone.

intervallo. birra.

poi si rientra con l’africa che non c’è. tre percussionisti, due chitarre, un piano, una partenza che sembra un’accordatura, poi ti aspetti In C ma non arriva mai. ne uscirà una mezz’ora abbondante di impro dai ritmi neri, ma da cui manca completamente il marchio di fabbrica: le assenze, la ripetitività, l’ipnosi. l’ipnosi dell’assenza.
la componente africana della combo spinge più degli altri per un bis in cui almeno le chitarre si liberano e assecondano con vigore il piano del capoccia. ma sono 5 minuti. no, niente mal d’Africa.

 

[*] -dopo- è un tentativo di raccontare i concerti il giorno dopo. in estrema sintesi, giusto per togliere polvere dalla tastiera. che però neppure questa volta si poteva fare col dono della sintesi, che ci posso fare…


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