-dopo- Thurston Moore & band all’alcatraz
Posted: Novembre 3rd, 2014 | Author: cauz | Filed under: larsen | Tags: '90s, alcatraz, generazioni, precarizzazione, Sonic Youth, steve shelley, Thurston Moore, trauma | Commenti disabilitati su -dopo- Thurston Moore & band all’alcatraz
[*]La caduta del muro di berlino?
la morte di kurt cobain?
fignon che perde il tour de france per 8 secondi?
la dismissione della lira?
niente di tutto ciò.
dopo aver osservato il pubblico di lee ranaldo in settimana e quello di thurston moore ieri sera, il dato è chiaro: il vero trauma che segna la mia generazione (e dintorni) è la fine dei sonic youth.
thurston moore lo sa bene e prova a riallestire uno show nostalgico e ugualmente forte. una proposta che, va detto, resta perfettamente in linea con quanto fatto da mr.moore in tutta la sua vita (ad eccezione di quella cagata di periodo acustico da crisi matrimoniale di un paio d’anni fa). e infatti i pezzi ci sono, le chitarre frullano, steve shelley mena come sa e il concerto è ottimo. resta pero’ che non sono i sonic youth, e si capisce subito che non lo saranno mai più. e alla goduria del concerto si affianca comunque un’aura da tristezza cosmica, perchè quella che aleggia è l’eterna sconfitta di una generazione di perdenti.
è un po’ come il tofu, che puoi condirlo quanto vuoi e speziarlo quanto ti pare, tirarne fuori pure un piatto buonissimo forse, ma non sara’ mai una bistecca.
le twin towers?
la morte moana?
la squalifica di pantani al giro?
il ritorno dei fascisti?
no no, la fine dei sonic youth.
la precarizzazione?
tangentopoli?
renzi e franceschini al governo?
il gol di vavra in roma-slavia praga?
il cazzo. sempre i sonic youth…
…
[*] -dopo- è un tentativo di raccontare i concerti il giorno dopo. in estrema sintesi, giusto per togliere polvere dalla tastiera.
Quando arriva l’estate, Milano diventa una macchina del tempo. Ci si sveglia sudati e indietro di alcuni anni. O così si direbbe, a guardare le programmazioni dei concerti. Oggi quella macchina del tempo, che finora trasportava solo headliner bolsi e denarosi o disperate reunion, arriva pure ai nomi dell’underground che fu. È il caso degli Afghan Whigs: gruppo che 20 anni fa suonava cose fichissime, mettendo insieme l’hard rock dei ’90s con il soul e una sorta di r’n’b, e che non riusciva mai a sfondare. Ora ci riprovano, con tanto di disco nuovo su Sub Pop che rischia però di suonare come fossero gli U2. Sarà un viaggio nel tempo utile per capire se la crisi ha rivitalizzato le idee o solo portato vicino al lastrico anche chi ci è sempre stato. Grazie Doc.