viva forever (il succo del 2012)
Posted: Dicembre 18th, 2012 | Author: cauz | Filed under: pedallica | Tags: #OccupyCyclocross, albert, azioni, birra, boonen, ciclismo, ciclocross, de gendt, fangazza, futurismo, gesti, giro d'italia, hoy, keirin, londra, marinetti, melbourne, momenti, mondiali, mortirolo, nys, olimpiadi, pista, pratella, roubaix, russolo, scatti, stelvio, vino | 1 Comment »il ciclismo è lo sport più futurista del mondo: vive sul puro gesto e lo esalta; sono le singole imprese che ne fanno la storia e la poesia. il colpo d’occhio, la violenza dello scatto, la fantasia della traiettoria… il 2012 va concludendosi e ci si dimenticherà presto dei suoi protagonisti, ma non sempre di cio’ che hanno combinato. una hit parade dei momenti più alti del ciclismo di quest’anno, partendo dal quinto fino al più sublime.
una top 10, come già fatto per i singoli corridori, e’ troppo faticosa, ma avrebbe dovuto essere una top 6, perchè mi rattrista lasciar fuori da tutto cio’ il 28 aprile 2012. e no, non sto parlando della prima vittoria di pozzato in maglia farnese, al GP industria & artigianato di larciano, perchè il 28 aprile è successa una cosa grande per il ciclismo tutto, fuori e dentro le corse, su qualsiasi strada. sto parlando dei fori imperiali di roma e delle decine di migliaia di bici che li hanno popolati.
ma questa è una top 5 e parliamo di corse e di gesti. questi.
5) Tom Boonen – 08 aprile – orchies
è il giorno di pasqua, si corre la roubaix. boonen è stra-stra-favorito, solo che ha già vinto fiandre, gand ed harelbeke. mentre all’het volk è finito secondo di un soffio. non è che sia cosa di ogni giorno vincerle tutte, e boonen lo sa. perdipiù, infortunato cancellara, ha due ossi duri da battere in chavanel e terpstra, che corrono entrambi con la sua stessa maglia. ma non è un grosso problema, tommeke è in condizione strepitosa e per vincere “gli basta” tenere le ruote dei rivali, che tanto allo sprint non c’è storia. ecco, manco cu’ cazzo. la differenza tra un buon corridore ed un campione spesso la fa anche il pedalare sul baratro della follia: tommeke decide che questa roubaix non gli basta vincerla, la vuole dominare come i grandi, come nemmeno l’assente cancellara mai ha fatto. e allora parte all’attacco a 53 km dal traguardo (curiosamente, la stessa distanza che servirà a contador qualche mese dopo per ribaltare la vuelta), si scrolla subito di dosso l’effimera compagnia di terpstra e danza. danza sulle pietre, balzello dopo balzello, birra dopo birra (per noi davanti al tivucolor) ed entra nel velodromo di roubaix da solo, con 3 anni di vantaggio sul secondo, bello come il sole di pasqua.
4) Sven Nys vs. Niels Albert – 04 novembre – Zonhoven
siamo sempre in belgio, siamo sempre a sporcarci di terra e fango, ma stavolta è il superprestige di ciclocross. quella di zonhoven è una gara estramemente selettiva, non tanto per la fangazza quanto per la sabbia, che richiede potenza e capacità di guida come in pochi altri circuiti. davanti, manco a dirlo, restano in due, i due giganti di questo sport, e il loro ultimo giro sarebbe da proiettare come spot di cio’ che il Ciclismo può offrire. Albert è in forma e sta tenendo la testa senza patemi, ma alla sua ruota si è incollato l’Imperatore Nys, probabilmente il più grande crossista di tutti i tempi. quando si parla di Nys non si parla solo di gambe, ma di occhio e di testa: sven capisce che il mestiere qui sta nell’innervosire l’avversario, tenendogli il fiato sul collo, arrivando addirittura a placcarlo in uscita da una curva in corsa. E poi, all’ultima curva, scava un tunnel nel fango con la potenza dello scatto, ricavato come un funambolo in 10 cm liberi di strada, e albert perde un metro, poi due, poi cinque, e poi resta l’ennesimo capolavoro del cannibale. un artista completo, che per eccellere ha bisogno di un grande compagno di palcoscenico.
3) Thomas de Gendt – 26 maggio – Mortirolo/Stelvio
un giro d’italia noioso, noiosino, talvolta noiosissimo. poi arriva il penultimo giorno e spunta fuori un talento che da un paio d’anni illumina le corse cui prende parte con quel mix di fantasia e follia che sta alla base delle qualità dei grandi poeti del pedale. Nascosto ma presente, sin lì, per 19 giorni di giro, tommasino de gendt scatta in un orribile tratto di non-ciclismo, su quelle orribili pendenze che tanta gioia danno soltanto a zomegnan&acquarone, perdipiù lastricata di cemento, quando al traguardo mancano 59 km. Cinquantanove. Non vincerà il giro, de gendt, pur riuscendo ad agguntare un podio meritato ma non ci andrà nemmeno lontano, regalando un pomeriggio orgasmico agli spettatori e dimostrando ancora una volta che la fortuna aiuta gli audaci. E i matti.
2) Alexandre Vinokourov – 28 luglio – London
di vino ne ho parlato talmente tanto, talmente in tutte le salse che non c’è piu’ nulla da aggiungere. e purtroppo e’ proprio cosi’, perche’ questo qui descritto è stato il passo d’addio della sua grandissima carriera. ma che addio. sul palcoscenico principale dell’anno, sull’asfalto rosso che faceva da red carpet al traguardo del mall. nell’afa milanese stavamo mangiando fish&chips e aprendo la milionesima birra a mandar giu’ le bestemmie dirette alla scandalosa raisport che insisteva sul judo, quando è partito un fulmine azzurro. poco prima cancellara si era sfracellato sulle transenne come un dilettante, poco dopo davanti ci sono l’immenso vino e il cavallo uràn, e vanno d’amore, d’accordo e di corsa tanto che la gara si chiude, si capisce che non rientreranno. nell’afa del salotto milanese tutti sono in piedi a gridare “uccidilo!”, a improvvisare arcaiche conoscenze di lingua kazaka, finchè uràn non si gira di quà, finchè uràn non si gira di là, e vino parte davvero e vince. tutti al balcone a gridare, a stappare birre su birre, perchè un regalo cosi’ grande il Ciclismo ce lo fa di rado, e un corridore così grande chissà quando lo rivedremo. la rai torna ad ammorbarci con la scherma, ma sulle strade del mondo la sciabolata, quella vera, l’ha data il kazako.
1) Chris Hoy – 08 aprile – Melbourne
per uno strano scherzo del destino, si ritorna alla data di partenza, ma ci si sposta dall’altra parte del mondo, in quell’australia diventata ormai il bengodi del ciclismo su pista. benchè sia l’anno olimpico, e la union jack sventolerà ovunque nei velodromi. a capitanare questa british armada ci sta sempre lui, il fenomeno baronetto hoy, che pure sembra ormai pagare un po’ l’invecchiamento. smentirà tutti a londra, ma a melbourne lancia già un indizio, e che indizio. è la finale del keirin, e siamo gli ultimissimi metri, già oltre l’ultima curva, e per sir chris si mette male. gli spazi sono tutti chiusi e non si sono ne’ metri ne’ gambe per circumnavigare gli avversari davanti. qui chris potrebbe anche mollare, che gliene frega, ha già vinto 3 mondiali e un olimpiade nel keirin, non deve dimostrare oggi il suo valore. potrebbe stringere i denti stando in scia, sperando di prendere un bronzo se dovesse cedere uno tra kenny, levy e van velthooven. oppure può rischiare una caduta (e una figura di merda internazionale), infilando il suo corpo di energumeno nei pochi cm liberi tra le ruote avversarie a 60 km/h. ma il gesto puro, la lucida follia che da’ splendore alla poesia di questo gioco, è fatto di gambe e di occhi, e questo campione ha entrambe le doti: fa un primo scatto e si riporta sotto i 3, poi vede 50 cm e liberi a centro pista e ci si butta, per rilanciare con una serpentina verso l’alto quando sa che i primi due si apriranno per il colpo di reni. si infila in mezzo, vince, e scaricando tutto su stesse sui pedali compie quello scatto per passare dalla storia del Ciclismo direttamente alla storia dell’arte.
da tutto cio’ manca pippo gilbert, manca valkenburg e manca un’alba rosseggiante che illuminava un vulcano hawaiiano, mentre sul letto di un motel, con una bottiglia di “sierra nevada” sul comodino, guardavo il telefono mobile per cogliere gli aggiornamenti sulla corsa, i commenti del dopocorsa e il mondo tingersi dei colori dell’iride. ma questa e’ una storia personale :)