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[bikeit] La scomparsa della pancera roja

Posted: Settembre 23rd, 2013 | Author: | Filed under: pedallica | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [bikeit] La scomparsa della pancera roja

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Il silenzio su queste pagine è giustificabile. Non c’è stato nessun divano da cui ammirare la Vuelta 2013, o al massimo -per dirla con Maccio Capatonda- un divano scomodo: ovvero una sedia nera di plastica, di marchio svedese e fattura cinese, dal costo contenuto; talvolta una sedia da ufficio, un tempo blu, con le rotelle cigolanti. E davanti non c’era alcun televisore, c’era sempre un computer e le mie dita, frenetiche, nel trovare uno streaming decente, vagando tra l’entusiasmante cronaca di ESPN Colombia, la compassata attenzione di Eurosport UK o l’imbarazzante provincialismo dei suoi omologhi italiani.
E’ stata una bella Vuelta, nonostante un pessimo tracciato. L’ha vinta un corridore forte, intelligente, simpatico e… anziano. E va bene così, ho sempre fatto il tifo per gli anziani, non ho potuto che privilegiare Horner nella lotta contro uno stoico Nibali, onesto e coraggioso nella sconfitta. Ma non c’era il divano, non c’era nemmeno abbastanza birra, e diventa difficile trovare una pancera roja. La Vuelta è filata via così, ma le sue tre settimane non hanno mancato di raccontarci delle storie, dentro e fuori la corsa. Da una Spagna distratta a un Canada orgoglioso, arrivando a Firenze, e fermandoci lì, chè da oggi il ciclismo è Firenze.

La Spagna ha parlato americano, ma soprattutto ha parlato anziano. E’ sempre bello vedere i giovani soccombere nelle competizioni sportive, anche se poi è facile che te la facciano pagare. Con Chris Horner è andata così, anche se la vendetta non porta la firma dei giovani battuti ma dei piani alti, quelli che rappresentano il vero problema del ciclismo di oggi, in cui si guarda al dito (i corridori) per distogliere l’attenzione della Luna di chi questo sport lo amministra (o quantomeno ne amministra l’unico strumento di potere: l’antidoping) e di chi lo dovrebbe comunicare. Horner è partito presto per gli USA il giorno dopo la fine della corsa, un funzionaro dell’antidoping spagnolo è andato a cercarlo per un controllo a sorpresa nell’albergo sbagliato, non l’ha trovato e anzichè avvisare i committenti del controllo o ricontrollare i documenti… ha avvisato la stampa. Una stampa vampirista che quando si parla di ciclismo ha presto l’acquolina in bocca: il cadavere sa spolpare è appetitoso e indifeso. Così poco importa del fatto che l’inesistente “caso” sia rientrato nel giro di un’ora, si può tranquillamente tirare fino a sera, fino al TG1 delle 20 che inserisce la Vuelta addirittura nei titoli (mai successo nelle 3 settimane di gara) e lo fa con queste parole: “Nel ciclismo scoppia il caso-Horner. Il corridore, vincitore della Vuelta, salta un controllo anti-doping ed è irreperibile“. Poco importa che non vi siano controlli saltati, ne’ casi di irreperibilità. Poco importa nemmeno che un briciolo di etica dovrebbe portare un giornalista a divulgare notizie anzichè balle. Nulla importa, quando nessuno può più difendersi.

E dire che di storie vere il Ciclismo ne avrebbe ancora da raccontare, senza dover ricorrere a cotanta creatività. Quella di David Veilleux, ad esempio, e del suo sorprendente ritiro. Veilleux ha appeso la bici al chiodo questa settimana, a 26 e con una promettente carriera davanti, lanciata nelle ultime stagioni da belle vittorie da attaccante purissimo, come la Tre Valli Varesine del 2012 e la prima tappa dell’ultimo Giro del Delfinato. Una scelta forte, difficilmente comprensibile, ma che si fatica a non ammirare proprio per la sua radicalità: Veilleux sa cosa vuole ed è pronto a giocarsi quello che già ha a portata di mano per inseguire altro, esattamente come che molla tutto per la bici, ma in senso inverso.

Una posizione forte, quella del canadese, che ricorda quella delle ragazze impegnate nel Giro di Toscana: una delle corse a tappe più importanti del mondo per il ciclismo femminile, eppure con un’organizzazione che questa volta si è dimostrata ben lontana dalla sua fama. Le ragazze si trovano a correre le prime tappe con auto e pedoni che irrompono in strada e fotografi piazzati a caso nella carreggiata. Soltanto la loro abilità (e l’abitudine a dover convivere ogni giorno con la follia automobilistica) le ha salvate da incidenti e cadute. Sono vicende viste e ri-viste in ogni forma di ciclismo “minore”, ma qui c’è una differenza: che le ragazze si sono incazzate, e l’ultima tappa, nella Firenze pre-mondiale, l’ha terminata meno di metà gruppo.
In genere si parla di “avere gli attributi”, la cui declinazione al femminile pare sia “avere le ovaie”, ma qui le ragazze hanno mostrato di avere il coraggio e la forza d’animo che manca anche ai loro ben più noti, tutelati e pagati colleghi maschietti: insomma, quelli che raramente dimostrano di “avere le palle”.
Così a Firenze per protesta sfila mezzo gruppo, e a Firenze arriva tutto il resto del mondo. Da ieri la Toscana è il palcoscenico del mondiale di ciclismo 2013, e da lì si riparte domani, ancora senza divano.

 

 

[vecchi deliri post-vuelta su bikeitalia.it]


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