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[Zero2] Jazzmi 2019.

Posted: Novembre 1st, 2019 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Jazzmi 2019.

È stata nella pigrizia sonnacchiosa di un pomeriggio d’estate, bevendo birre in riva al fiume senza nemmeno provare a mantenerle fresche, l’ultima volta che ho sentito qualcuno chiederlo: «Cos’è il jazz oggi?». Si parlava di festival imminenti e di dischi acquistati o scaricati, di musica del presente e tangenzialmente di jazz. Ma non appena si arriva al jazz, ecco che spunta la domanda. E diventa un casino, perché ci si aspetta una risposta. Meglio cambiare discorso, ingollare mezza birra calda per procurarsi l’urgenza di andare a prenderne un’altra: lasciar cadere nel vuoto un dibattito che si protrarrebbe inevitabilmente sino all’alba. O lasciare la risposta al jazz. Ci sono festival che sembrano fatti apposta per avventurarsi in cerca della soluzione, arricchendo di voci il dibattito. JazzMi è uno di quelli: sin da quando è entrato in maniera dirompente nell’autunno cittadino ha inoculato nei timpani dei milanesi un ricco catalogo della musica del Diavolo. Ora si appresta ad aggiungere un nuovo tomo alla collezione, imboccando ancora una volta strade differenti, in quella che pare diventata da subito una felice abitudine, quasi un’ispirazione.

Perché il jazz è bello perché è vario, e JazzMi sembra averlo perfettamente compreso, trovando così la chiave per far breccia anche in un pubblico inafferrabile come quello milanese, capace di saltuarie esaltazioni e costante indifferenza, anche davanti a nomi di comprovata fiducia. JazzMi risponde conseguentemente inserendo (quasi) tutti gli elementi in programma, forte della certezza che la curiosità aizza l’appetito. Certo, l’edizione di quest’anno è forse quella che guarda di più al passato rispetto a quelle viste sinora, ma l’ampiezza della proposta si coglie mettendo i programmi delle varie annate in fila, sommandoli uno all’altro. Il tema del 2019 d’altronde sembra essere la celebrazione degli anniversari in ogni campo, in un clima non da fine della Storia ma da ripartenza. Quarant’anni fa moriva Charles Mingus? Ecco la Mingus Big Band. Indubbiamente il jazz è memoria, tanto è forte il suo legame con la tradizione e con chi ha sempre saputo sfidarla, e continua a farlo. È il caso di quello che potremmo definire l’headliner di questa edizione, Archie Shepp, che a 82 anni suonati (mai termine fu più azzeccato) non ha ancora intenzioni di arrendersi, e forse nemmeno di calmarsi. È una di quelle leggende viventi che accompagnano lo sviluppo del jazz facendosi testimoni di una storia, e non è il solo in cartellone. E in programma come lui ci sono due capostipiti del nerdismo più affascinante come Herbie Hancock e John McLaughlin.

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[4/4] delete yourself

Posted: Maggio 20th, 2011 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [4/4] delete yourself

Per la prima volta in vita mia, sono stato a votare. Avevo pensato che l’unico modo per resistere alla nausea nell’indicare i Moratti, Pisapia & co. fosse dotarmi di colonna sonora adeguata, alla faccia dell’inetto burocrate che sosteneva addirittura che fosse vietato entrare in cabina elettorale con il walkman. La parentesi personale è tutta qui: come resistere alla nausea se non con la violenza? E allora ho scelto un bootleg (Brixton, 1999) degli Atari Teenage Riot. Una molotov scagliata contro ogni forma di “limite” musicale. Il concerto si apre con un urlo e si chiude con un invito alla rivoluzione. In mezzo, i berlinesi rinunciano direttamente alla bellicosità dei loro testi, per dare tutto in mezz’ora di noise elettronico devastante. Roba da causare più suicidi di massa che un gol di Ghiggia al Maracanà. Venerdì 20, a toglierci d’impaccio dalla nausea da ballottaggio, gli Atari Teenage Riot portano il terrore a Milano. Suoneranno al Centro Sportivo Iseo, in un’anomala serata di dancefloor… un motivo in più per godersi lo spettacolo del caos. Se il caos vi terrorizza, invece, optate per le contaminazioni al CRT, dove arriva il Balanescu Quartet a re-interpretare i Kraftwerk in chiave caucasica.
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