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[Zero2] Paisiel. 15 marzo. Piano terra.

Posted: Febbraio 21st, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Paisiel. 15 marzo. Piano terra.

Viviamo in un’epoca felice per la musica. Non la più creativa, ma la più aperta: l’era dell’accessibilità globale. Certo, anche quella della sovrapproduzione ingiustificata, ma sono le controindicazioni del flusso. È seguendo il flusso che ho scoperto i Paisiel: un link, un commento, i consigli di un amico e di un algoritmo, alla fine mi sono imbattuto in questo video live in cui i due si sfidano, soffiano e picchiano. Uno è portoghese, l’altro è tedesco. Uno viene da grandi ensemble di musica contemporanea, l’altro dal free-rock. Seguendo il flusso si sono incontrati, e ora li incontriamo pure noi. È la musica dei nostri tempi, che culo.

Paisiel. giovedì 15 marzo 018, ore 22. Piano Terra. offerta libera.


[Zero2] Huun-Huur-Tu. 03 marzo. Santeriasocial.

Posted: Febbraio 21st, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Huun-Huur-Tu. 03 marzo. Santeriasocial.

Tuva è una repubblica russa che si trova nel centro esatto dell’Asia. Ha una splendida bandiera, fatta di cielo e di sole, e un logo incredibile, con un uomo a cavallo che vola attraverso l’orizzonte celeste. Non credo che loghi e bandiere contino nella formazione dell’immaginario, ma se così fosse, i bambini di Tuva sono un passo avanti. E non è l’unico vantaggio su cui possono contare. L’altro è il canto armonico, abilità sviluppata anticamente come strumento per entrare in contatto con gli spiriti locali: un canto di gola in grado di modulare note ed armonici contemporaneamente. Un canto intorno a cui è intessuta la musica di queste star degli Huun-Huur-Tu, termine che indica l’effetto della luce solare che filtra tra gli alberi o le nuvole. Canzoni che descrivono la vita della steppa e il rapporto con i cavalli. Voci che simulano i rumori del battito cardiaco, dello scalpitare degli zoccoli, dei rumori della natura. A questo punto basta mettere insieme i pezzi, sostituire idealmente le corde vocali con quelle elettrificate di una chitarra, e si capisce in fretta che gli Huun-Huur-Tu non sono altro che un gruppo metal. E quelli partiti in volo dalla steppa tuvana non sono cavalli qualsiasi, sono gli apripista dell’apocalisse.

 

Huun-Huur-Tu. sabato 03 marzo 018, di sera. santeria social club. 20 euri.


Belle musichette del 2017 – pt.1

Posted: Febbraio 14th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su Belle musichette del 2017 – pt.1

 

 

Ora che il festivàl di Sanremo si è concluso si può smettere finalmente di guardare alla musica del futuro, da sempre rappresentata dalla kermesse canora ligure, e tornare a concentrarci sul passato. Per questo motivo comincia oggi una delle rubrichette più attese da tutto l’internet -e forse anche di più- ovvero questa in cui mi faccio i cazzi miei e gli dico (all’internet, appunto) le cose più belle che ho ascoltato nell’anno appena conclusosi. Si comincia, noblesse oblige, dai concerti.

stante al mio archivio, nel 2017 ho visto 196 concerti (diciamo che i festival hanno aiutato parecchio) e ho avuto il culo di vederne davvero tanti che mi hanno fatto scrocchiare il cuore. viviamo in un’epoca fortunata per quanto concerne la musica dal vivo, forse non in una città o in un paese fortunatissimi, ma l’epoca sì, evviva. Fare una classifica di tutta sta roba mi avrebbe bruciato le sinapsi per la fatica, quindi mi limito a selezionarne un gruppone di una trentina, dai quali si sgancia in fuga il drappello vincitore. L’ordine, in entrambi i casi, è rigorosamente cronologico.

  

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[Zero2] My dear killer. 28 febbraio. Volume

Posted: Febbraio 8th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] My dear killer. 28 febbraio. Volume

Stefano Stephanowic ha “un piano freddo”, un progetto silenzioso che avanza tra gli interstizi del tempo. My Dear Killer, il suo progetto da solista per voce, chitarra, elettronica e rumori, è uno degli strumenti per portarlo a compimento. L’altro si chiama Under my Bed, ed è un’etichetta che sembra appartenere a un’altra epoca, quando raccogliere e divulgare musica autoprodotta e sghemba era attività carbonara, qualcosa da svolgere tra le tenebre nascosti sotto al letto, gomito a gomito con l’Uomo Nero. Il riparo degli assassini, anche quelli più adorabili. Stefano è rimasto focalizzato sul suo piano per anni, ma non certo per volontà limitante. Piuttosto per rendere quello spazio angusto un luogo accogliente per tutti, per raccontare che infilarsi sotto al letto è il modo migliore per rompere le barriere della comfort-zone e immergersi nelle acque fredde della realtà, dialogando con i propri demoni. Per aderire al piano bisogna chinarsi ed essere consapevoli che la soluzione non sarà vicina, ma il tragitto sarà intenso. My Dear Killer prosegue coerente su questa sua strada, senza farsi distrarre dal presente, scrutando oscuro tra le nubi del domani. Alla fine, se mai ci sarà fine, si rivelerà un piano ben riuscito.

 

My dear killer. mercoledì 28 febbraio, verso le 19:30. Volume (aka santeria vecchio). gratis.


-dopo- Flavio Giurato alla Salumeria

Posted: Gennaio 26th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , | Commenti disabilitati su -dopo- Flavio Giurato alla Salumeria


[*] Sostiene flavio giurato che il pezzo che più gli venga richiesto ad ogni latitudine sia “Marcia nuziale”. io non ci credo, penso continui ad essere “il tuffatore”, ma resta il fatto che anche ieri sera nel pubblico c’era già chi attendeva il momento per cantare sommessamente “le delusioni sono unite dalla ferrovia”. una coincidenza strana, nel giorno del più grave incidente ferroviario milanese da parecchi anni a questa parte. Ma Pioltello in fondo dista quasi 15 chilometri, alla salumeria continua ad aleggiare quella puzza di ascella tagliente che c’è sempre stata. Pure Flavio è quello che è sempre stato, ma in gran forma. La band lo affianca discreta, il batterista è al limite della disoccupazione, ma gli dà morale e sgrava tensione, tanto che entra in forma da subito, dai 10 minuti di “Soundcheck” che aprono un lungo, commovente, excursus tra le pieghe del già ultra-pieghettato “Le promesse del mondo”. Poi fa i bis, applausi, richieste, bis, applausi, rondoni, acque minerali, caro mauro, marce nuziali, centocelle, infine un solitario tuffatore, che continua ad essere come Flavio Giurato, a rinascere sempre diverso e sempre lo stesso, “sempre quello che quando era entrato al campo di Nettuno, due ore prima della partita, che ancora non era successo niente, il capo tifosera nettunese mi guarda e dice: A’ cinque!, A’ secco! A’ stronzo!“.

 

[*] -dopo- è un tentativo di raccontare i concerti il giorno dopo. in estrema sintesi, giusto per togliere polvere dalla tastiera.


[Zero2] Comunione Occulta. 04 febbraio. Macao.

Posted: Gennaio 26th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Comunione Occulta. 04 febbraio. Macao.

Si fa sempre un po’ di confusione quando si parla di “comunione” da queste parti. Troppe messe subite in gioventù, troppe chiese sparse per le città, troppa politica confusa che fa degli affari condivisi i benefici individuali. Eppure la comunanza è qualcosa di magnifico, e innato nell’essere umano. È solo che quando per condividere si intende più il click su un post che la messa in comune di un bene, la comunione finisce per passare inosservata, diventa qualcosa di nascosto, di occulto. Nel mondo al rovescio, però, nei giorni in cui Berlusconi cita Lenin e la Merkel si scopre marxista, ciò che è occulto emerge dalle catacombe, spinto con forza e volontà da chi della comunione ha fatto una scelta artistica e di vita. Occult Punk Gang, Communion e TRoK! sono le tre realtà che, a diverso titolo, contribuiscono a questa “comunione occulta”, un rito ben poco esoterico che ha il chiaro intento di aprire porte, timpani e sinapsi. Di fatto è lo stesso scopo che guida da oltre 15 anni gli Zs, la più creativa, caotica e avanguardista band di New York, e forse del mondo intero. Un disco nuovissimo e una rinnovata formazione a quattro sono gli strumenti con cui gli Zs sono ripartiti per il globo a sfidare limiti e barriere del pubblico e di loro stessi. Un’opera di demolizione e destrutturazione, ovvero di liberazione, che è condivisa anche da Oaxaca e Above the Tree, lungo coordinate diverse ma altrettanto intriganti. Una vera e propria comunione di intenti. Comunione per liberazione.

 

Comunione Occulta: Zs, Above the Tree, Oaxaca, Divna mami, confindustrial sinfonietta, commuion/occult punk dj set. domenica 04 febbraio. Macao, 5 europei.


[Zero2] Konrad Sprenger. 22 gennaio. Standards.

Posted: Gennaio 19th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Konrad Sprenger. 22 gennaio. Standards.

Konrad Sprenger suona la rumba. Anzi no, è un neo-classico. No, aspetta, questa è techno… E allora che ci fa sto chitarrino? Se uno volesse mettersi ad ascoltare Joerg Hiller, in arte Konrad Sprenger, in maniera etichettatrice, sarebbe spacciato. Ogni pochi secondi il suo suono va altrove, come un rabdomante ipercinetico ha seguito ciascuna intuizione senza paura di cambiare strada a ogni passo, sino ad arrivare a Stack Music, il suo ultimo album, risultato di ben otto anni di gestazione, più algebrica che melodica. Dal mélange caotico degli esordi, Sprenger è riuscito a estrarre una convergenza di onde, che pur continuando a fluire in direzioni differenti seguono un sentore comune. Il risultato è qualcosa di straordinariamente classico, verrebbe da dire tradizionale, per i nostri tempi. Un’ambient schizzata o un kraut al rallentatore, nei cui anfratti si cela lo stesso retrogusto teutonico delle brass band dell’Oktoberfest, quelle che si ascoltano da sbronzi agitando le braccia come operai di qualche industria automobilistica in libera uscita. Cosa che nessuno ci vieterebbe di fare nemmeno a Standards, se non fosse che davanti non avremmo degli ottoni ubriachi ma un uomo con una chitarra elettrica modificata, strumento unico e multiforme in grado di intrecciare ritmiche semplici e complesse con droni e sonorità cosmiche. Capace di guidarci all’improbabile scoperta della musica che avremmo potuto sentire nel 1800 se l’elettronica non fosse stata scoperta così tardi.

Konrad Sprenger. lunedì 22 settembre. Standards. 5 euri, credo.


[Zero2] Elio e le Storie Tese. 19 dicembre. Forum.

Posted: Dicembre 19th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Elio e le Storie Tese. 19 dicembre. Forum.

A un certo punto, gli Elio e le Storie Tese sono diventati un fenomeno nazionale, anziché un affare di Stato. È difficile identificare il quando, dopo l’esilio televisivo targato Ciarrapico, probabilmente è stato “Mai dire gol” o Sanremo con la sua Terra dei Cachi, si parla comunque della fine degli Anni 90, forse addirittura del Caro 2000, una ventina d’anni dopo i loro inizi. Facendo due conti, Elio e le Storie Tese hanno trascorso meno di metà della loro carriera in giro per l’Italia (e oltre). Il resto è Milano. Anche se l’inizio di tutto si annida nei misteri di una piazza di Borgomanero, ciò che ne segue è un lungo racconto di una città. Ripercorrendo la storia degli EelST si ritrova l’evoluzione di Milano attraverso i decenni. Si sale e si scende dai palchi di Magia Music Meeting, City Square, Le Cinema, Odissea 2001, Zelig. Si passa dalla prima trasformazione di Milano per accogliere i Giocatori Mondiali del ’90 a una decade di proliferazione, quando a qualsiasi milanese capitava di incocciare 5 o 6 loro concerti ogni anno, nei luoghi più disparati, dalle piazze agli stadi del baseball. E poi si incontra la Milano che chiude le porte, spopola il Parco Sempione e costruisce i grattacieli, la città delle ultime grandi trasformazioni che diventano eventi. Che gli EelST siano diventati un fenomeno nazionale e non più cittadino in quest’epoca è il segnale di una band che non ha smesso di crescere, ma anche di una città che forse, talvolta, ha rinunciato ad accogliere le sue spinte creative. Non resta che un concerto di addio, e non poteva essere che al Forum, incastrato tra la periferia e un’autostrada.

 

Elio e le storie milanesi. Una città in una band in una selezione men che parziale…

La Cunesiùn Del Pulpacc – Naviglio Martesana
Nell’arco di una carriera così milanese, non poteva mancare un pezzo in dialetto. Con un problema, però: che il dialetto a Milano non lo parla e non lo capisce nessuno, al massimo si può fingere. Come quelli che imitano lo spagnolo aggiungendo la “S” al termine di ogni parola, per fingersi meneghini basta tagliare l’ultima vocale e spargere delle “ü” a caso. Il dialetto di una città di apolidi e meticci, che non capiscono le battute sui milanesi imbruttiti, ma che con gli EelST si ritrovano addirittura a canticchiare in un idioma improvvisato, passeggiando tra le nutrie della Martesana.

Cara ti amo – Via Salutati
Oggi è un pub, il Bootleg, dove si chiacchiera, si beve bene e si guardano partite di pallone. Ma ai tempi degli esordi degli EelST il locale di via Salutati era il Magia Music Meeting, dove band sconclusionate ed emergenti come queste potevano emergere. E pezzi come questo potevano passare dalle orecchie di tutti, anche di chi non li aveva mai sentiti.

Parco Sempione – Parco Sempione
C’era una volta il Parco, senza specifiche ulteriori: il Sempione era semplicemente IL Parco, ritrovo di bonghi, cilum e sport improvvisati. Elio la racconta “verde e marrone” com’era, per raccontare la Milano di oggi, che i parchi li circonda di cancellate dove non riesce ad approfittarne per “tirare su un palazzo”, mentre al Parco nessuno più si droga o “cucca di brutto”, tuttalpiù si corre da soli, speranzosi di diventare “principi dell’adduttore”.

Alfieri – Tra Loreto e Turro
Ciò che faceva Faso tra i due didascalici “quartieri di Milano” (come precisa il coro in alcune versioni fuori porta) è una delle attività preferite dei giovani EelST. Inevitabile che compaia nel vero inno della band, quello che tutto il pubblico ama, quello che inserisce questo incontro all’ombra del Trotter, inserendo la periferia nord della città in una geografia pancittadina, dagli oratori ai palasport.

Giocatore Mondiale – Stadio G.Meazza
Il rapporto tra gli EelST e lo sport è più profondo di quanto non si pensi. Il complessino ha sostenuto la locale squadra di baseball (fino ad un’assurda squalifica per doping) arrivando a suonare ogni estate in mezzo al campo Kennedy, ha omaggiato Felice Gimondi e anticipato scandali arbitrali, ma soprattutto ha parlato -inevitabilmente- di pallone. Tra amici uligani e campionati falsati, il calcio secondo gli EelST è sopratutto quello di Italia ’90, delle bandiere che salgono e dei muratori che cadono. E come sempre vince la Germania.

Storia di un bellimbusto – Corso Como
Il bellimbusto entra in corso Como in Porsche, pronto per “ascoltare la bamba” appena uscito dalle discoteche locali, “attesissimo in zona vip”. Uno sguardo al cellulare, un incidente, un testimone oculare con tutt’altro scopo. La Milano che salutano gli EelST è vecchia di otto anni e ancora attualissima: quella che non li ha mai incontrati.

China disco bar – Via P.Sarpi
Gli EelST si sciolgono e i motivi saranno diversi, tra questi però è impossibile non annoverare l’estinzione totale dell’ispirazione. Eppure anche negli ultimi banalissimi dischi (persino nel pessimo 45giri d’addio Licantropo Vegano) si affaccia una città differente, tra free massaggio e free drink.

Shpalman – Navigli
No, Shpalman non si muoveva tra via Gola e via Vigevano, benché siano luoghi dove “i tamarri che vogliono incularti la catenina” non sono mai mancati, il suo ruolo sui Navigli milanesi è legato esclusivamente al video che accompagnò questo pezzo unico, in grado di portare Max Pezzali sul palco della Festa dell’Unità e soprattutto Mangoni sul tetto del mondo. Dal ponte delle Scimmie a un seggio sfiorato (davvero di pochissimo) in consiglio comunale.

T.V.U.M.D.B. – Metropolitana milanese
Tra tanti luoghi un non-luogo della quotidianità dei milanesi: la metropolitana. Scenario indimenticabile del video di “Discomusic” ma soprattutto distesa di muri da vergare coi “pennaroni”, come una città intera su cui scrivere una storia, la propria storia.

Elio e le Storie tese. martedì 19 dicembre. Forum di assago. un zacc de soldi.

 


[Zero2] Havah + His Electro Blue Voice. 6 dicembre. Serraglio

Posted: Dicembre 5th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Havah + His Electro Blue Voice. 6 dicembre. Serraglio

I chitarroni, ve li ricordate? C’erano gli anni 90 (come gli 80 e i 70), nei locali si fumava ancora, a Milano c’erano persino i centri sociali e dietro la coltre di fumo non si vedeva quasi nulla di quei palchi male illuminati. Il giorno dopo ci si svegliava con la strada sensazione di vivere dentro un portacenere, nelle orecchie c’era quel sottilissimo fischio, quasi impercettibile, che ha aperto la strada agli acufene di oggi. C’erano le scene, il grunge, la droga e il disagio. Questi ultimi due ci sono ancora, a dire il vero, ma ai tempi il disagio non andava di moda. I disagiati si chiudevano nelle loro camerette e si sfogavano in un modo solo: coi chitarroni. Poi sono arrivati i computer, e dall’autismo chitarronistico si è arrivati a farsi i dischi da soli. Il disagio ha fatto un passo avanti, si è arricchito di sfaccettature e opportunità, solo abbassando un po’ il volume. Dagli anni ’90 a oggi, l’accoppiata His Electro Blue Voice / Havah pare il sunto di un ventennio di disagio evoluto. I primi coi loro chitarroni che fanno sbedeng sbedeng come se ci si trovasse ancora all’ombra dello Space Needle. Il secondo con il suo dark lo-fi da cameretta, sfoggio di un’urgenza espressiva che aveva bisogno di solitudine per venire a galla. Gli anni 90, ma 2.0.

 

Havah, His electro blue voice. mercoledì 6 dicembre. Serraglio. dei soldi e delle tessere.


[Zero2] S/v/n Mash 2017. Posti vari. 29 novembre – 3 dicembre

Posted: Novembre 29th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] S/v/n Mash 2017. Posti vari. 29 novembre – 3 dicembre

Il problema con MASH è che ogni volta che lo sento nominare penso al film, M*A*S*H*. Un problema non da poco, perché le due cose non c’entrano nulla. Almeno apparentemente. “Mash” è il termine inglese per dire “poltiglia”, e il festival si propone come una mistura di suoni che si ottiene prendendo linguaggi e creatività di latitudini differenti, schiacciandoli insieme nella stessa bacinella e mescolandoli con quel grande minipimer che è la globalizzazione. Che infatti parla inglese. MASH (il festival) però sta ben distante dal voler forzare questa poltiglia ad approccio globale, ma ne segue il dilagare come un virus esistenziale, smontando con i decibel una muraglia di neo-colonialismo che riconosce l’ibridazione dei suoni solo quando è funzionale a rafforzare il decadente ruolo gerarchico del “primo mondo”. Un approccio dissacrante, eretico, come quello del film di Altman, che dell’esercito coloniale per eccellenza ne fece un teatro comico, dove i fantasmi del Vietnam si agitavano sullo sfondo. Quest’anno MASH fa il record di trasversalità: 5 luoghi diversi, tra spazi ben noti e angoli inediti; oltre 20 artisti da 5 continenti diversi, tra nomi ben noti e incontri inediti. Due notti che più discordanti non potevano esserci: una coi colori dell’Asia, dall’Indonesia (il “metal” degli otto Karinding​ ​Attack​) al Giappone (Keiko​ ​Higuchi​ ​+​ ​Louis​ ​Inage​) passando per il Libano di Rabih​ Beaini, che però ormai gioca in casa; l’altra buttandosi in profondità nel sottosuolo del Cairo, dove una scena elettronica vivace elabora suoni resistenti per sopravvivere a una rivoluzione fallita (con l’all in tutto egiziano di Nur, Kareem​ ​Lotfy​, 1127​, Zuli, JellyZone​, Bosaina e Abdullah Miniawy). E poi la ricerca cinematica degli “Hibridos” di Vincent Moon, il trasognante incontro fra Nicola Ratti e il collettivo Discipula e la performance a/v del producer domenicano Kelman Duran, che ha raccontato la rivoluzione di Haiti in 1804 KIDS, licenziato da Hundebiss ad agosto. A chiudere tutto l’atteso ritorno dello straordinario duo Native Instrument, che spinge la contaminazione molto oltre il genere umano, e due concerti dalla Svezia che riportano Savana in uno spazio “di culto”, il Tempio civico di San Sebastiano: quello site specific di ​Ellen​ ​Arkbro,​ con l’organo ibridato con l’elettronica per amplificarne l’estensione, e la performance vocale di Sofia​ ​Jernberg​. Se non esce una gran mistura da questo, significa che il minipimer non funziona. Il prossimo passo, per evitare di confondermi, sarebbe solo cambiare nome. Se “Poltiglia” è poco ammiccante, si può cambiare lingua ogni anno: nel 2018 “Mezcla”.

 

S/V/N Mash. da mercoledì 29 novembre a domenica 03 dicembre. luoghi vari. prezzi vari.