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[Zero2] Jazzmi 2021. Dal 22 ottobre. In giro.

Posted: Ottobre 21st, 2021 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Jazzmi 2021. Dal 22 ottobre. In giro.

“Almeno ci abbiamo provato”. Si chiudeva così il comunicato di JazzMi 2020, interrotto in anticipo per l’imposizione di un tetro coprifuoco che non si vedeva dai tempi delle guerre mondiali. E non era stato un provarci da poco, visto il panorama post-bombardamento che circondava le iniziative musicali a Milano. Certo, per provarci erano necessarie tante condizioni su cui pochi potevano contare. Resta il fatto che JazzMi almeno ci aveva provato, e continua a provarci.

Un anno dopo, senza coprifuoco ma con un moltiplicarsi di barriere visibili e invisibili, che inevitabilmente si riflettono sul contenuto, resta uno straordinario segnale di audacia e tenacia. E allora andiamo a vedere cosa c’è dentro la coraggiosa scatola di JazzMi 2021. C’è tanta Italia e tanto pop italiano, scelte obbligate in un momento così respingente per chi viene da lontano, ancor di più per chi ci arriva con le proprie forze. Ma il bello delle scatole così profonde è che ci sono sempre degli angoli in ombra, da cui balzano fuori le sorprese. Read the rest of this entry »


[Zero2] Nextones. Cava la Beola. 26-28 luglio.

Posted: Giugno 28th, 2019 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Nextones. Cava la Beola. 26-28 luglio.

Alla Cava La Beola si sono sempre estratti granito e marmo. E questa già è una cosa che un po’ spiazza, perchè uno si aspetterebbe che sia la beola piemontese a essere cavata. Il punto è che le beole in realtà non esistono; o meglio, quelle che chiamiamo beole sono rocce metamorfiche uniche come ogni roccia ma allo stesso modo uguali, ma accomunabili ad altre diffuse a diverse latitudini. Ciò che le rende beole è la geografia umana, è l’essere in Piemonte, diciamo pure nel polo estrattivo della Val d’Ossola, che sbriciolando intere porzioni delle sue montagne ha raggiunto tutta l’Italia e oltre. Con le sue beole, o con il serizzo, con quel suo grigio spontaneo che lo rende ideale per pavimentazioni di bagni e cucine, oltre che naturalmente per l’arte funebre. E naturalmente con i graniti e i marmi. Avete in mente il Duomo di Milano? Marmo rosa di Candoglia, Val d’Ossola. E l’Arco della Pace? Marmo di Crevola, Val d’Ossola. Le montagne ossolane sono il pavimento e la facciata – talvolta la tomba – del mondo. Gli mancava soltanto l’essere il palco di un festival: da qualche anno anche questa casella è stata riempita.

La musica non è poi così diversa dalla geologia. Nessuno si inventa nulla, tuttalpiù si affinano nuove teorie e soprattutto nuovi strumenti con cui scavare il basamento roccioso. A guardare il panorama dei festival, almeno in questa piccola fetta d’Europa che può permettersi ancora di giocare a Monopoli con la realtà, si osservano perlopiù proposte che si riproducono per meiosi, cambiando soltanto le proprie coordinate. Nextones è riuscito invece ad avviare il processo metamorfico di un festival, e lo ha fatto arrivando a danzare su una cicatrice antropica del pianeta, nel mezzo di uno scavo roccioso. Nella Cava La Beola in due serate (più un extra dedicato ai campeggiatori) si alterneranno il live audiovideo di Sinjin Hawke & Zora Jones, fondatori di Fractal Fantasy i cui avatar danzeranno sulle pareti della cava, il doppio showcase dell’etichetta canadese Acting Press, Caterina Barbieri – esploratrice di intelligenze artificiali, sequenze geometriche, allucinazioni temporali e festival europei -, i dj set della polistrumentista cangiante Laurel Halo, del danzereccio Batu e di Nina Kraviz, la dj minimal-techno siberiana che sfiderà il caldo della cava… Ma soprattutto il concerto di Drew McDowall, ex collaboratore – talvolta membro – di Psychic Tv e Coil. Tra marmi e graniti McDowall celebrerà i 21 anni di età di “Time Machines”, il disco fantasma dei Coil che scagliò definitivamente John Balance & soci all’interno di quel buco nero allucinogeno dentro il quale sarebbero sublimati definitivamente nell’eternità.

Ma non ci sarà soltanto musica, a scavare bene emergeranno videoproiezioni e persino gite diurne. Una discesa dai verdi pendii alle viscere delle pieghe alpine, dove pressioni e temperature estreme hanno inarcuato il margine di un continente accogliendo la spinta di quello più prossimo. Gli esseri umani sembrano più restii a questa trasformazione, Nextones prova a sbattergliela in faccia prendendoli per le orecchie, chissà che non si rivelino un organo più ricettivo del cuore.

 

Nextones. venerdì 26, sabato 27, domenica 28 luglio. Cava La Beola, montecrestese (VB). 70 euri in giù.


[Zero2] Terraforma. 5-7 luglio. villa arconati

Posted: Giugno 28th, 2019 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Terraforma. 5-7 luglio. villa arconati

Con Terraformazione si intende quel processo teorico che permette a un ambiente di sviluppare forme di vita attraverso la creazione di un’atmosfera. Si tratta, in sostanza, di ricreare altrove le medesime condizioni in cui si trovava il pianeta Terra, su per giù tra i 4,4 e 2,7 miliardi di anni fa. Insomma, quell’ambientino fatto di brodo primordiale, aria satura di gas vulcanici, temperature da altoforno, crescita di batteri grandi come autoarticolati… Che a descriverlo così, uno direbbe che praticamente si sta parlando della Pianura Padana nel 2019. Invece no, perché la natura ha seguito ancora una volta traiettorie diverse e in questi sei anni (un po’ meno di quattro miliardi, ok, ma oh, i tempi sono cambiati) l’atmosfera che si è creata nel Parco è piuttosto differente da quella che si respira oltre i confini della Villa, e pure gli esseri viventi che essa ha generato.

Non so bene da dove provengano le creature che popolano Villa Arconati nel weekend di inizio luglio, non saprei dire se si siano sviluppate grazie a qualche incantesimo delle statue magiche del boschetto, fatto sta che sono forme di vita reali, tangibili, ma legate indissolubilmente a quest’unica atmosfera terraformata. Le creature che si vedono a Terraforma, sopra o sotto il palco, non esistono altrove, si formano per l’occasione e verosimilmente vivono lo spazio di un fine settimana, poi o scompaiono o vivono un letargo ultraterreno. Che siano umani o meno sarà la biologia a stabilirlo un giorno, per ora ci si ferma alla loro unicità. Non li trovi a Milano nè altrove, non li incontri al mercato, sul filobus o in coda a presentare la domanda per il reddito di cittadinanza. Non li vedi nemmeno agli altri concerti: esistono lì, e lì soltanto.

Dopo il piano quinquennale che ha definito forme e odori di queste creature, è il momento di indagarne l’identità, a partire dal linguaggio. Per questo è stata chiamata un’antropologa di mille mondi come Laurie Anderson a insegnare il suo “Language of the Future”. E con lei arriveranno l’esploratore, pioniere della chitarra, del tabagismo e delle scienze occulte Sir Richard Bishop; un predicatore come Daniel Higgs, barbuto urlatore dell’apocalisse imminente; l’illuminata songwriter psichedelica Mica Levi; il techno-socialista detroitiano DJ Stingray; mentre il compositore Walter Prati e la pianista Ricciarda Belgiojoso scruteranno gli astri di Stockhausen per rintracciare influenze aliene.

La terraformazione ha creato la vita, ora vuole propagarla difendendone l’ambiente (con la riqualificazione del bosco, oltre alla riduzione dell’impatto) e ampliandone la parola, non soltanto sul palco. Il nuovo Kiosque à Musique ospiterà una “cascata alfabetica” di racconti e letture con varie voci, quelle di Enrico Malatesta, Donato Epiro, James Ferraro, Leila Hassan e Francesco Cavaliere.

Comprendere la comunicazione di queste creature, dei Terraformati, forse un giorno aiuterà a comprenderne gli intenti. O forse non sarà necessario, perchè la Terraformazione fino a cinque anni fa si credeva soltanto un processo teorico. Ora che è conclamato il suo aspetto pratico sorge spontanea un’altra domanda: e se fosse contagiosa? Se terraformarsi fosse come diventare zombie. Probabilmente non sarà necessario parlare con le creature, lo scopriremo prima. Quando li troveremo al mercato, sul filobus o in coda per il reddito di cittadinanza; quando in un momento di distrazione guarderemo allo specchio, e scopriremo di essere stati terraformati anche noi. A quel punto sarà troppo tardi.

 

Terraforma 2019. venerdì 5, sabato 6, domenica 7 luglio. Villa arconati – castellazzo di bollate. tanti, tanti soldi.


[Zero2] Jazzmi 2018. 1-13 novembre. milano.

Posted: Ottobre 19th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Jazzmi 2018. 1-13 novembre. milano.

Dove eravamo rimasti? JazzMi torna, un anno più tardi, più ricco e sfaccettato di prima. Milano no, non è cambiata, è sempre lì, con tutte le sue contraddizioni: il fermento che arriva dal basso, i grandi eventi patinati in superficie e un certo grigiore istituzionale a minacciare la libertà d’espressione quando intacca certi interessi o esce un po’ troppo dal seminato. Questo è uno scontro impari, rumoroso, tra spinte discordanti. La forza centripeta di una città che guarda al proprio ombelico, a un centro da imbellettare, svendere e rimarchiare, contro la forza centrifuga di energie e in questo caso di una rassegna – unica nel suo contesto – che ha avuto la capacità di costruirsi dalle fondamenta, affondandole per bene nel sostrato cittadino, e costruendo un piano dopo l’altro, un anno dopo l’altro, sino a bucare le nubi e vedere finalmente il sole. Nelle hamburgerie all’ombra dei grattacieli forse non se ne accorgerà nessuno, ma questo scontro impari lo sta vincendo JazzMi: lo si capisce da come gli sguardi sul mondo siano ormai contrattaccambiati, da come l’universo là fuori occhieggia con JazzMi, ne riconosce il dinamismo e la speranza. Due termini che racchiudono tutto il programma di questa edizione che in due settimane condenserà oltre 150 concerti spaziando tra mammasantissima delle avanguardie (Art Ensemble of Chicago, John Zorn & Bill Laswell), nomi ricorrenti (Chick Corea, Enrico Rava, John Scofield), astri nascenti (Jason Moran, Christian Sands) e indomiti vecchietti (Ron Carter, Steve Kuhn, Maceo Parker, James Senese), suoni delicatissimi (Judi Jackson) e violentissimi (Colin Stetson), senza disdegnare nemmeno le pagine più pop (Paolo Conte, Stefano Bollani) e le contaminazioni di un mondo che si amplia abbattendo confini geografici (Hailu Mergia, Istanbul Sessions, Antonio Sánchez) o artistici (Imogen Heap, Kamaal Williams, Asylum). E per non farsi mancare nulla aggiungerà proiezioni, incontri, confronti, presentazioni di libri e persino un approfondimento sul canto delle balene. JazzMi è il festival migliore di Milano, nel senso che è tenace, vivo, vario; nel senso che è proprio meglio di Milano. Speriamo torni presto.

Jazzmi 2018, dal 1° al 13 novembre. un sacco di posti, un sacco di gente, un sacco di prezzi, talvolta anche un sacco di soldi.


-dopo- Forlì Open Music 2018

Posted: Ottobre 17th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su -dopo- Forlì Open Music 2018

[*] non ricordo se ero mai stato a forlì in precedenza nella mia vita, immagino di sì, ma chissà, è come se fosse la prima volta. e la prima cosa che mi è balzata all’occhio sono state croci e campanili, chiese e chiese, chiese, chiese. Forse per questo Forlì Open Music si è tenuto in chiesa, perchè non c’era altra soluzione. Cotante chiese che girato l’angolo ci siamo imbattuti in una locandina di un festival punk locale, illuminata da una band che ha scelto come proprio nome Chiodi sulla via crucis. Ringrazio il punk tutto, mi auguro di vedere i Chiodi al più presto in azione, magari al prossimo Forlì Open Music, la cui chiesa di fatto non era più una chiesa. Trasformata perfettamente in un auditorium senza bisogno di stravolgimenti architettonici ma con un’attenzione all’acustica e alla fruibilità invidiabile. Una di quelle scelte così perfette che si possono trovare solo nelle città di provincia, a Milano ce lo sogniamo un luogo simile per i concerti, così come ci sogniamo un festival come questo, e pure i Chiodi vedo che non hanno in programma date in zona…

Però mi accusano di parlare sempre e solo di sta cazzo di Milano e invece torniamo a forlì che è pure tardi, l’ex chiesa di san giacomo dovremmo occuparla per farci suonare del punk anticlericale, e in attesa godiamocela così com’è. Lunga vita a un festival come questo, in cui lo zampino di Area sismica è talmente evidente che sempre di stare ad area sismica (anzi, a un certo punto nella notte di sabato ci siamo pure arrivati – grazie). Read the rest of this entry »


[Zero2] Roadburn. Dal 19 al 22 aprile. Tillburg.

Posted: Marzo 6th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] Roadburn. Dal 19 al 22 aprile. Tillburg.

Ultime notizie: il metal non esiste più. Sta benissimo, ma non ne parla più nessuno, pare un fantasma. E va bene così. Svincolatosi dai doveri di genere, spesso più estetici che artistici, il metal è ormai diventato un passepartout per ogni stanza del cosmo musicale. Un definitivo abbattimento della barriere che è testimoniato chiaramente dal miglior festival metal al mondo: il Roadburn. I palchi di Tillburg ad aprile accoglieranno uno spettro sonoro più ampio che mai. Merito della curatela di Jacob Bannon ma soprattutto di un’evoluzione inarrestabile. E così ai fortunelli possessori di biglietto capiterà di andare dai Godspeed You! Black Emperor ai Godflesh, passando per Motorpsycho, Cult Of Luna Ex Eye e Zonal, tra apparenti intrusi come Damo Suzuki, Bong-Ra o Father Murphy e contaminazioni dall’Oriente con la label pysch dal nome programmatico, la giapponese Guru Guru Brain, e i suoi validi Minami Deutsch, Kikagaku Moyo e Dhidalah. Sembrava quasi che il metal fosse morto, invece ha avuto più coraggio e fortuna: è sublimato.
Arriva preparato.

Roadburn. Talmente tanti nomi che a stare ad elencarli famo notte. Dal 19 al 22 aprile a Tillburg. Prezzi boh, tanto è sempre super sold out.


[Zero2] The Long Now. 24-25 marzo. Berlino

Posted: Marzo 6th, 2018 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] The Long Now. 24-25 marzo. Berlino

Quanto dura un istante? E questo preciso istante, il momento in cui stiamo leggendo, ascoltando, vivendo? Quanto dura il presente, quello iato che separa ciò che fu da ciò che sarà? E cosa c’entra tutto ciò con un festival musicale? A queste domande, o quantomeno all’ultima, prova a rispondere la maratona conclusiva del MaerzMusik, The Long Now. Un orologio sonoro di 30 ore, nelle quali alla Kraftwerk di Berlino si cercherà di dilatare l’istante in musica. Tra palchi e giacigli il pubblico potrà sentire le proprie domande più profonde rimbalzare nei timpani accompagnate dai suoni di Robert Aiki Aubrey Lowe, Tomoko Sauvage, Lucio Capece, Lustmord e… dalle 4 ore di impro dei Necks. Gente che sembra non sentire il tempo che passa, che sa scandirlo e manipolarlo, connetterlo istante per istante in un lungo e profondo presente.
Arriva preparato.

The Long Now. Tutto sta gente qua sopra e pure altri, il 24 / 25 marzo alla Kraftwrk di Berlino. Costa un po’.


[Zero2] S/v/n Mash 2017. Posti vari. 29 novembre – 3 dicembre

Posted: Novembre 29th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] S/v/n Mash 2017. Posti vari. 29 novembre – 3 dicembre

Il problema con MASH è che ogni volta che lo sento nominare penso al film, M*A*S*H*. Un problema non da poco, perché le due cose non c’entrano nulla. Almeno apparentemente. “Mash” è il termine inglese per dire “poltiglia”, e il festival si propone come una mistura di suoni che si ottiene prendendo linguaggi e creatività di latitudini differenti, schiacciandoli insieme nella stessa bacinella e mescolandoli con quel grande minipimer che è la globalizzazione. Che infatti parla inglese. MASH (il festival) però sta ben distante dal voler forzare questa poltiglia ad approccio globale, ma ne segue il dilagare come un virus esistenziale, smontando con i decibel una muraglia di neo-colonialismo che riconosce l’ibridazione dei suoni solo quando è funzionale a rafforzare il decadente ruolo gerarchico del “primo mondo”. Un approccio dissacrante, eretico, come quello del film di Altman, che dell’esercito coloniale per eccellenza ne fece un teatro comico, dove i fantasmi del Vietnam si agitavano sullo sfondo. Quest’anno MASH fa il record di trasversalità: 5 luoghi diversi, tra spazi ben noti e angoli inediti; oltre 20 artisti da 5 continenti diversi, tra nomi ben noti e incontri inediti. Due notti che più discordanti non potevano esserci: una coi colori dell’Asia, dall’Indonesia (il “metal” degli otto Karinding​ ​Attack​) al Giappone (Keiko​ ​Higuchi​ ​+​ ​Louis​ ​Inage​) passando per il Libano di Rabih​ Beaini, che però ormai gioca in casa; l’altra buttandosi in profondità nel sottosuolo del Cairo, dove una scena elettronica vivace elabora suoni resistenti per sopravvivere a una rivoluzione fallita (con l’all in tutto egiziano di Nur, Kareem​ ​Lotfy​, 1127​, Zuli, JellyZone​, Bosaina e Abdullah Miniawy). E poi la ricerca cinematica degli “Hibridos” di Vincent Moon, il trasognante incontro fra Nicola Ratti e il collettivo Discipula e la performance a/v del producer domenicano Kelman Duran, che ha raccontato la rivoluzione di Haiti in 1804 KIDS, licenziato da Hundebiss ad agosto. A chiudere tutto l’atteso ritorno dello straordinario duo Native Instrument, che spinge la contaminazione molto oltre il genere umano, e due concerti dalla Svezia che riportano Savana in uno spazio “di culto”, il Tempio civico di San Sebastiano: quello site specific di ​Ellen​ ​Arkbro,​ con l’organo ibridato con l’elettronica per amplificarne l’estensione, e la performance vocale di Sofia​ ​Jernberg​. Se non esce una gran mistura da questo, significa che il minipimer non funziona. Il prossimo passo, per evitare di confondermi, sarebbe solo cambiare nome. Se “Poltiglia” è poco ammiccante, si può cambiare lingua ogni anno: nel 2018 “Mezcla”.

 

S/V/N Mash. da mercoledì 29 novembre a domenica 03 dicembre. luoghi vari. prezzi vari.


-dopo- il Krakatoa II

Posted: Ottobre 11th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su -dopo- il Krakatoa II

[*] Il 27 agosto 1883 il vulcano indonesiano del Krakatoa esplose in una delle più devastanti eruzioni riportate dalla vulcanologia moderna. Una catastrofe capace di disperdere ceneri in tutti i cinque continenti e di trascinarsi negli anni con effetti climatici simili soltanto a quelli dell’eruzione del vicino Tambora qualche decennio prima. Al di là degli oltre trentamila morti, l’impatto più clamoroso del Krakatoa fu quello sonoro: si ritiene che il suo boato sia il rumore più forte mai udito dall’uomo, avvertito persino a 5’000 chilometri di distanza.

Non so se i guaglioni del Freakout (a proposito di boati da lacrime) abbiano pensato a tutto ciò nel momento in cui hanno deciso di battezzare così il loro festival. Forse è stato solo un caso, o la cacofonia del nome che suona ancora meglio nel traslitterato indonesiano Krakatau, fatto sta che un festival denominato in seguito ad una percepibile tragedia è sempre bello, e che a Bologna nello scorso weekend c’era soprattutto rumore. Specie intorno al TPO, che ohibò, era la prima volta che ci mettevo piede da quando non era più al TPO ma in un altro TPO. In quello vecchio ci avevo visto i Fluxus ai tempi in cui a Bologna ci si drogava benissimo, oggi sono stati due giorni di tante cose, alcune cattive e diverse buone, tra cui…

* La prima cosa che ho sentito è stato Blackwood, così, a scatola chiusa. Solo alla fine mi sono accorto che era Eraldo Bernocchi, ma il sommovimento del cerume lo aveva già segnalato con gioia.
* La cosa più potente del sabato sono stati gli Holiday Inn, che è tipo la terza volta che vedo nell’ultimo anno e crescono crescono crescono senza fermarsi. Se poi li metti pure a suonare su un ring, è naturale che l’esperienza tracimi nel wrestling.
* In effetti quasi tutto il bene dei due giorni è stato su quel ring, ma quanta banalità, quanto squallore, altrove. Sul ring i Sigillum S (bentornati) e gli Starfuckers (bentornatissimi, grazie per continuare a non sostenere la pace sociale). Altrove robe al limite tra: i litfiba di elettromacumba, gli scout che fumano le prime canne, i metallari che si danno al brit-pop. Meno male che a chiudere il sabato c’era il rito di ?alos, che se lo dico così uno pensa di conoscerlo già invece no, cambia tutto, si sogna, si cammina verso la luce.
* Gli Arto sono appena nati, e speriamo che scalcino come infanti capricciosi a lungo.
* I Divus hanno avuto quella fregatura dell’eruzione del Krakatoa nel 1883. La loro scossa tellurica quindi è solo seconda in classifica sui sismografi del globo.
* i Melt Banana fanno lo stesso concerto da 20 anni. il caos vuole che sia dal doppio del tempo uno dei live più frantumachiappe al mondo, e va avanti come se nulla fosse, tra rumori e sudori, folla e stage-diving, tutti gli altri rimandati a un eterno settembre.

bang. boom. krak. crack. the destruction we assure with each other.

 

[*] -dopo- è un tentativo di raccontare i concerti il giorno dopo. in estrema sintesi, giusto per togliere polvere dalla tastiera. epperò ci sono quelle volte in cui la sintesi non si puote.


[Zero2] ZUMA. 2-3-4 giugno. Cascinet.

Posted: Maggio 25th, 2017 | Author: | Filed under: larsen | Tags: , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Commenti disabilitati su [Zero2] ZUMA. 2-3-4 giugno. Cascinet.

Cavalli imbizzarriti, testoni dell’isola di Pasqua, caffettiere, culi, elefanti, occhi, palme, vagine, vinili, unicorni, stregoni, razzi, piramidi, palle pelose, ombrelli, scale, barbe, tende e cazzi. Basta buttare un occhio veloce alla grafica di Zuma per capire che questo non è “solo” un festival, ma un vortice, un turbinio, un maelstrom in cui discendere per sbucare dall’altra parte. E no, non sono i Pirati dei Caraibi, piuttosto è Stargate, quello di Giacobbo però. Zuma è il festival che a Milano non c’era e adesso ci sarà. Il merito è di un’inedita “Alleanza Galattica”. Ci sono tutte o quasi le forze che rattoppano quotidianamente la navicella che permette anche ai milanesi di svolazzare nell’etere, questa volta unitesi per dare più propulsione, per viaggi interstellari. A Zuma ci saranno musica e pizza, campeggio e sballo, persino un parcheggio per UFO perché, si sa, le guerre stellari è sempre meglio evitarle con l’accoglienza. Sarà un lungo viaggio collettivo, di quelli che non si leggono nei libri ma nascono dalla musica. Ecco cosa promette di essere Zuma, con quel suo nome che sa di svacco sulla spiaggia, depressione e cocktail al tramonto. “17 live, 5 dj set, 2 installazioni sonore, uno spleeping concert, diversi workshop, un forno per la pizza”, il programma di Zuma sfaccetta come un dado il caleidoscopio della psichedelia e il listone dei suoi promotori: non manca quasi nessuno, solo non si vedono i due liocorni, ma arriveranno (in astronave). Sui palchi si ondeggia tra generazioni: con Futuro Antico che torna presente, Gaetano Liguori che incontra il Jooklo Duo e gli Embryo che stropicciano il concetto di spazio e tempo, e poi King Ayisoba che abbatte i muri, DSR Lines che ci proietta a un cielo da cui piombe sfavillante la punca dei Jealousy Party; e ancora: Björn Magnusson, Squadra Omega, Mike Cooper, Pandit Ritwik Sanyal, Krano, Wolfango, Trapcoustic, Mandolin Sisters, Rainbow Island, Cacao e Halfalib. Ci sono più “uppers” e “downers” che a casa Elkann, più colore che a casa Dalì, più psichedelia che al Parco Lambro. D’altronde Zuma è un festival che non c’era perché non è un festival, bensì un’alleanza galattica. Terrestri, fatevene una ragione, vengono in pace.

ZUMA, dove suona tutta sta gente qui sopra. da venerdì 2 a domenica 4 giugno. Cascinet. Pochi soldi e ben spesi.